12 Mag 12/5 Cimice asiatica, quattro metodi per difendere le colture
Originaria di Cina, Giappone e Taiwan, la cimice asiatica (Halyomorpha halys) è arrivata nel 2012 anche in Italia e in pochi anni si è espansa a partire dal settentrione su tutto il territorio della penisola, con le concentrazioni maggiori in Friuli. Questo insetto è estremamente polifago, mobile e grazie al fatto di essere ‘alieno’ non ha limitatori naturali nei nostri areali.
I danni alle colture sono arrecati dagli adulti e dai giovani di Halyomorpha halys che si nutrono perforando in profondità i tegumenti dei frutti. Colture come il melo, il pero, il pesco o il nocciolo (per citarne solo alcune) hanno risentito di grosse perdite di produzione a causa delle lesioni causate dalle punture di cimice che provocano deformità oppure necrosi. In colture estensive, come la soia o il mais (in secondo raccolto), i danni sono meno evidenti.
Ricercatori europei e statunitensi stanno lavorando a strategie di controllo che tuttavia risultano difficili da mettere a punto. Prima di tutto a causa dell’estrema mobilità dell’insetto, capace di percorrere enormi distanze (in laboratorio circa 120 chilometri in un giorno) e quindi di insediarsi su campi trattati da poco con insetticidi. In secondo luogo perché non emettono feromoni sessuali ed è quindi impossibile applicare il metodo della confusione sessuale. Terzo, perché gli adulti hanno un certo grado di resistenza agli insetticidi. Infine perché la polifagia permette a questi insetti di trovare cibo in abbondanza.
Quattro metodi per il controllo della cimice asiatica
Nonostante le difficoltà riscontrate esistono almeno quattro metodi per il controllo di Halyomorpha halys. Per analizzarli abbiamo chiesto il parere di Luciana Tavella, professoressa del dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari (Disafa) dell’Università degli studi di Torino e tra i maggiori esperti in Italia di questo insetto.
Reti anti-insetto
“Nel caso dei frutteti la soluzione più efficace è rappresentata dalle reti anti-insetto, anche con maglie di grandezza 2,4×4,8 millimetri, quelle del metodo Alt’Carpo per intenderci”, spiega Tavella. “Anche per le colture in serra il metodo più efficace è chiudere tutte le aperture con le reti. Questa soluzione non solo preserva la coltura, ma ha anche il grande vantaggio di essere sostenibile sotto il profilo ambientale e residuale“.
Per essere efficaci le reti devono essere tuttavia applicate in maniera corretta e tempestivamente. Non bisogna lasciare aperture attraverso le quali gli insetti possano penetrare e occorre stare attenti che la rete non tocchi la pianta, altrimenti Halyomorpha halys può pungere i frutti e deporre le uova attraverso la rete.
E’ bene infine chiudere le reti alla caduta dei petali, dopo che c’è stata l’impollinazione e prima che le cimici colonizzino il campo. Certo, le neanidi(forma giovanile della cimice) hanno le dimensioni per superare le reti, ma è questo uno stadio in cui l’insetto è poco mobile e i danni che può causare sono limitati.
Metodo Attract&Kill
La cimice asiatica non emette feromoni sessuali, atti a far incontrare due esemplari di sesso diverso. Emette invece feromoni di aggregazione che riuniscono in un’area di alcuni metri quadrati gli esemplari di questa specie. Negli Stati Uniti sono stati messi a punto dei diffusori di feromoni ad elevato dosaggio per attirare e concentrare gli esemplari di Halyomorpha halys in una certa area che viene poi trattata con un insetticida autorizzatosulla coltura.
Sfortunatamente ad oggi non sono in commercio in Italia i diffusori studiati per questo metodo, che però possono essere sostituiti utilizzando i diffusori commercializzati per il monitoraggio, in numero maggiore.
“Si tratta di un metodo che stiamo sperimentando e che tuttavia non ha ancora dato risultati soddisfacenti, rispetto invece a quanto rilevato negli Usa“, sottolinea Tavella. “L’importante è comunque applicare i diffusori, così come le trappole per il monitoraggio, non al centro dell’appezzamento, ma ai bordi o in zone marginali. Per ottimizzare l’efficacia è poi preferibile installare il diffusore in prossimità di piante attrattive per la cimice”.
Monitoraggio e utilizzo di insetticidi
Il monitoraggio di Halyomorpha halys deve essere eseguito in due step. Prima di tutto utilizzando delle trappole a feromone, da installare sempre ai bordi del campo, per rilevare la presenza di cimici nell’area. Quando i primi esemplari vengono avvistati occorre quantificare il livello di infestazione, contando ad esempio quanti esemplari sono presenti su una singola pianta. In questo caso per il monitoraggio si stende un telo sotto l’albero e si scuote il tronco per far cadere gli esemplari. Meglio effettuare il conteggio al mattino presto, quando l’insetto è meno reattivo e non vola via, ma cade al suolo al momento dello scuotimento.
“Ad oggi non ci sono delle soglie di intervento definite per Halyomorpha halys. Ogni agricoltore deve valutare il costo-opportunità di trattare con un insetticida”, spiega Tavella. “Quello che viene consigliato è iniziare contrattamenti di bordo al rilevamento dei primi esemplari. Quando poi si trovano 1-2 cimici per pianta all’interno del campo si può procedere con untrattamento dell’intero appezzamento“.
Come per l’utilizzo di qualunque agrofarmaco è fondamentale leggere l’etichetta e attenersi alle prescrizioni presenti e utilizzare solo prodotti registrati per la coltura da trattare. Contro la cimice asiatica sono efficaci i fosforganici (come il clorpirifos metile), i piretroidi (come la lambda-cialotrina) e i neonicotinoidi (come l’acetamiprid).
Lancio di parassitoidi
Negli areali di provenienza la popolazione di cimice asiatica è controllata da alcuni predatori e parassitoidi. In Europa tuttavia non esistono antagonisti naturali di questo insetto e questa condizione ne ha favorito la diffusione. Inoltre la normativa europea vieta l’introduzione intenzionale di organismi non autoctoni e quindi è impossibile ‘importare’ gli antagonisti naturali da Cina e Giappone.
“Con i rilievi in campo abbiamo accertato che le uova di Halyomorpha halys possono essere parassitizzate da Anastatus bifasciatus, un parassitoide oofago indigeno che tuttavia è generalista, attacca cioè uova di molte specie differenti. Nell’area indagata i livelli di parassitizzazione non hanno però superato il 20%”, spiega Tavella. “Oggi alcune aziende stanno lavorando sull’allevamento di questo imenottero e in futuro potranno essere effettuati dei lanci di cui dovrà essere valutata l’efficacia nel controllo della cimice in campo”.
Nel 2018 i ricercatori italiani hanno ritrovato in natura due parassitoidi alloctoni in grado di colpire le uova di Halyomorpha halys. Si tratta di Trissolcus japonicus (già rinvenuto nel 2017 in Svizzera) e Trissolcus mitsukurii, originari di Cina e Giappone. Non si sa come siano giunti in Europa, tuttavia la loro presenza potrebbe contribuire al contenimento della cimice. Allevarli per effettuare dei lanci non è ancora possibile, servirebbe infatti una modifica alla normativa vigente.
“Trissolcus japonicus è un parassitoide oofago più selettivo di Anastatus bifasciatus, ma anche se fosse possibile immetterlo massivamente in natura occorre ancora valutarne la reale capacità di contenimento di Halyomorpha halys e l’impatto nei confronti delle specie indigene. Soprattutto in relazione alla possibile presenza nella nostra area di altre specie di cimici che lo attirino in egual misura“, puntualizza Tavella. “Lo stesso discorso vale anche per Trissolcus mitsukurii, parassitoide oofago meno indagato, di cui ad oggi sono quindi disponibili meno informazioni”.
Fonte: Agronotizie
Autore: Tommaso Cinquemani