19 Ago 19/8 Denti di leone tra i pezzi sostenibili nelle nostre automobili ?
di Eduardo Lubrano. Denti di leone tra i pezzi sostenibili nelle nostre macchine? Sì, certo. Ma non c’entra il ben noto felino: si tratta infatti della pianta “dente di leone“, cosiddetta grazie alle foglie dentellate.. L’industria delle automobili, pesantemente sotto accusa da anni per l’inquinamento atmosferico e per la difficoltà di riciclare i componenti delle macchine, sta lavorando per ridurre entrambi i problemi. Il ricorso alle tecnologie più moderne a disposizione degli ingegneri progettisti potrà dare nel medio lungo termine qualche risultato importante: macchine più resistenti ma soprattutto meno inquinanti e non solo per un miglior motore.
Uno degli aspetti più importanti infatti è quello dei componenti tanto da interni quanto da esterni che vengono ormai realizzati con nuovi materiali o con materiali riciclati.
Le principali innovazioni tecnologiche
Alcune sono ancora in fase di progettazione, altre sono già realtà. Si lavora con i pomodori, gli ananas, i denti di leone, l’agave. Partiamo dall’interno della nostra automobile. C’è una pelle sintetica che risulta molto più leggera della pelle vera, produce meno emissioni di carbonio e meno composti organici volatili. Si sta testando l’utilizzo di un materiale di rivestimento traslucido intelligente che adatta l’illuminazione ai ritmi delle 24 ore, alle condizioni meteo e alla luce naturale per migliorare la sicurezza e il comfort. Altri materiali innovativi attualmente studiati per gli interni sono la buccia del pomodoro per tubi flessibili e boccole delle sospensioni e gli scarti del caffè, impiegati per gli alloggiamenti dei fari.
Poi ci sono già diverse fibre naturali nella produzione. Si tratta di materiali sostenibili utilizzati per rinforzare le plastiche, produrre schiuma e sostituire alcuni materiali come quelli a base d’olio o la vetroresina: schiuma di soia, la paglia di grano, le fibre di kenaf e di cocco, e la pula di riso.
La nuova vita delle foglie di ananas
Qualche laboratorio di qualche casa automobilistica sta tentando di capire se è possibile usare fibre di agave scartate dalla produzione di tequila per realizzare parti in bioplastica più sostenibili, come cablaggi elettrici, unità HVAC (riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria) e portaoggetti. Molte sono le ricerche sull’usabilità di piante a crescita rapida come il bambù e le alghe per applicazioni in interni: il bambù matura in circa 2-5 anni, è compostabile e ha la stessa forza tensile dell’acciaio.
Un’idea del tutto nuova è il finto camoscio realizzato a partire dalle fibre estratte dalle foglie d’ananas. Piñatex™ sfrutta i 25 milioni di tonnellate di foglie d’ananas raccolti ogni anno; questa materia prima pesa un quarto della vera pelle e costa due terzi del suo prezzo. Queste foglie, altrimenti bruciate o lasciate a marcire, possono essere una fonte di reddito per gli agricoltori e dare origine a una nuova e dinamica industria nei paesi di coltivazione dell’ananas.
I materiali per gli esterni
I severi requisiti di sicurezza per gli esterni delle auto rendono molto più complesso l’utilizzo di tecnologie e materiali innovativi. Le aziende automobilistiche stanno testando acciaio, alluminio, fibra di carbonio, leghe e materiali ibridi. Due esempi : il Ministero dell’ambiente giapponese ha realizzato un’automobile interamente in legno, la Concept Car NCV (Nano Cellulose Vehicle) in nanofibra di cellulosa, un materiale di origine vegetale che include rifiuti agricoli e pesa un quinto dell’acciaio, ma è cinque volte più robusta. Usarla per costruire la carrozzeria e parte del telaio significa realizzare un veicolo dal peso dimezzato rispetto alle classiche automobili.
Il Fraunhofer Institute sta indagando anche la possibilità di usare plastiche rinforzate in fibra naturale per creare una carrozzeria più leggera. La terza generazione della sua Bio Concept Car è stata creata utilizzando materiali biocompositi per le portiere, permettendo una riduzione del peso del 60% rispetto all’acciaio.
La questione della gomma per gli pneumatici
Il mercato degli pneumatici aumenta ogni anno del 3% circa ma i fornitori di gomma faticano a soddisfare la domanda, perché la fonte di gomma naturale – l’albero del caucciù – può essere coltivata solo su una piccola porzione della superficie terrestre. Continental, insieme al Fraunhofer Institute e agli esperti di selettocoltura ESKUSA, ha già prodotto i suoi primi pneumatici per veicoli commerciali servendosi esclusivamente di gomma naturale ottenuta dal dente di leone. Il materiale, chiamato Taraxagum, viene estratto dal dente di leone russo, che impiega solo un anno per crescere. Il risultato è lo pneumatico Conti EcoPlus HD3, che mostra un livello di performance e un battistrada paragonabili a quelli dei tradizionali pneumatici Continental.
E poi…la plastica
La plastica riciclata non va bene per qualunque impiego in assoluto. E quindi nemmeno nella costruzione di una automobile: al punto che si utilizza in larga parte nelle zone dove i requisiti di sicurezza e affidabilità sono meno severi. Dove? sui passaruota e sulle protezioni contro i piccoli urti, per esempio. Però la ricerca progredisce così velocemente e bene che tra poco sarà possibile impiegarla in zone di maggior rilevanza, vedi la base del parabrezza. E poi si cercherà di utilizzarla anche per il rivestimento del bagagliaio (zona che ha anche un ruolo strutturale).
C’è plastica riciclata e plastica riciclata
Quando si utilizza l’espressione “plastica riciclata” ci si riferisce sostanzialmente a due categorie: una è quella dei materiali riciclati post-industriali in cui si riutilizzano parti di scarto generate dalla produzione di componenti; l’altra è quella dei materiali riciclati post-consumo: in questo caso non viene riciclato il 100 per cento della materia “grezza” disponibile. “Questo perchè – spiega Lukáš Zuzánek, un esperto di sviluppo dei materiali di Skoda – i materiali riciclati post-consumo vanno integrati con alcune nuove sostanze e ogni lotto di produzione deve essere perfettamente controllato. Un ottimo esempio sono le coperture di plastica sotto i tergicristalli, la cui produzione comprende il 50 per cento della plastica proveniente dagli involucri delle batterie”.
Fonte: Eduardo Lubrano – impakter.it