31 Mag Il Nutriscore è una cattiva idea che rende migliori i prodotti non naturali
In Europa c’è da tempo un dibattito concentrato sull’opportunità di adottare il Nutri-score, un sistema che nelle intenzioni dei suoi ideatori dovrebbe guidare positivamentel’azione dei consumatori nell’acquisto di cibi e bevande attraverso un sistema dicolori e lettere che dovrebbe esprimere un giudizio obiettivo sulle qualità nutrizionali degli alimenti.
In realtà nutri-score è un sistema di etichettatura fuorviante che vorrebbe far preferire nei suoi giudizi l’assunzione di prodotti ultra-trasformati dell’industria alimentare delle multinazionali del settore rispetto ai prodotti freschi dell’orto dei nostri contadini: una assurdità!
Questo sistema, infatti, non tiene conto delle trasformazioni subite dai prodotti e il paradossale risultato è che i cibi ultra-processati risultano migliori di quelli naturali a seguito di questo giudizio distorto opera di un algoritmo ben calibrato per ottenere un effetto che piaccia a colossi della produzione come Nestlé e della distribuzione come Carrefour.
Il fatto che l’apporto sistematico dei cibi cosiddetti ultraprocessati sia dannoso per la salute umana è ampiamente riconosciuto e anche recentemente alcuni autorevoli studi hanno sollevato importanti p r e o c c u p a z i o n i . Uno studio pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, ha concluso che questi alimenti hanno probabilmente contribuito a circa il 10% dei decessi tra le persone di età compresa tra i 30 e i 69 anni in Brasile nel 2019.
Un altro studio, pubblicato sulla rivista Neurology, sostiene che ad un aumento del 10% del consumo di alimenti ultra-lavorati corrisponde un apprezzabile incremento del rischio di demenza. Inoltre studi effettuati su comunità dalla numerosità significativa hanno dimostrato che il fenomeno contribuisce per perecentuali superiori al 40 % all’alimentazione delle giovani generazioni europee (3).
Il giudizio del Nutri-score, così come formulato, può tradursi in un incentivo alla manipolazione degli ingredienti, che con sottrazioni, addizioni e lavorazioni centrano l’obiettivo di una A o di una B, lavorando sul saldo finale tra componenti negative e positive. Di fatto il sistema così come concepito rischia di diventare uno strumento di marketing potentissimo da gestire attraverso la riformulazione dei prodotti, inducendo nel tempo il consumatore a percepire gli ultratrasformati come di qualità pari o migliore di quelli per nulla o poco trasformati. Basta aumentare le proteine o le fibre per regolare il saldo dell’algoritmo e un’aggiunta di proteine al gelato, che diventa così altamente proteico, fa segnare al prodotto una lettera B rendendolo preferibile rispetto ad una porzione di parmigiano reggiano o grana padano.
Aberrazione. Così si può suggerire ad un adolescente che fare merenda con un bicchiere di “cola” dolcificata e un gelato proteico sia più salutare che con un bicchiere si succo di frutta e una porzione di parmigiano reggiano o grana padano. La prima opzione segnerebbe una doppia B (verde chiaro il colore), mentre la seconda rischia con una doppia D (colore arancione), di essere classificata come “povera dal punto di vista nutrizionale” e al penultimo gradino del Nutri-score.