01 Ott Rinuncia alla “prima casa” possibile in assenza del trasferimento promesso
La suprema Corte, con la sentenza n. 24420 dell’11 settembre 2024, si sofferma sulla non revocabilità delle agevolazioni prima casa, circoscrivendo l’ipotesi di revoca a quella che avviene nei termini prescritti ex lege per il trasferimento della residenza, in linea con i chiarimenti resi dall’ Agenzia delle entrate con risoluzione n. 105 del 2011.
La vicenda trae spunto dal fatto che il contribuente, per beneficiare nuovamente delle agevolazioni prima casa, a ciò ostando il previo possesso di altro immobile che ha goduto dei medesimi benefici, intende rinunciare al precedente beneficio già accordato, tra l’altro in relazione a un acquisto effettuato circa 10 anni prima.
Al riguardo, osserviamo innanzitutto che, tra le condizioni richieste per godere delle agevolazioni prima casa, la lettera c) della nota II-bis all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Tur (Dpr n. 131/1986) prescrive che nell’atto di acquisto l’acquirente “dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo”.
Prima di illustrare i chiarimenti forniti dalla Corte, che ha respinto il ricorso del contribuente, ricostruiamo la vicenda processuale con riferimento ai precedenti gradi di giudizio.
La competente Commissione tributaria provinciale ha, inizialmente, accolto il ricorso proposto in primo grado dal contribuente avverso l’avviso di liquidazione dell’Agenzia delle entrate.
In secondo grado invece, la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia, precisando che, diversamente da quanto deciso dal giudice di primo grado, in base alla disciplina contenuta nella nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa allegata al Tur, una volta conseguita l’agevolazione prima casa, la stessa non può essere oggetto di rinuncia da parte del beneficiario, nemmeno in vista dell’acquisto di una nuova abitazione.
Avverso la decisione dei giudici di secondo grado il contribuente ha quindi proposto ricorso in Cassazione.
La suprema Corte precisa che la disciplina fiscale sulle agevolazioni prima casa accorda all’Amministrazione finanziaria il potere di revocare i benefici fiscali nell’ipotesi in cui il contribuente ometta il trasferimento della residenza anagrafica entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto.
I giudici di legittimità chiariscono, inoltre, che non è prevista una decadenza ex lege dall’agevolazione, correlata automaticamente al presupposto indicato, dovendo tale decadenza essere comunque subordinata all’esercizio del potere dell’ufficio.
La Corte ha, del resto, più volte affermato il principio per cui non è possibile fruire dell’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa, previa rinunzia a un precedente analogo beneficio, conseguito in attuazione della stessa disciplina, in ragione del carattere negoziale, non revocabile per definizione, della precedente dichiarazione di voler fruire del beneficio.
Con riferimento al caso concreto, l’attestazione con cui il contribuente dichiara di volere abdicare dall’agevolazione è stata formalizzata in prossimità del nuovo acquisto e a distanza di quasi dieci anni rispetto al primo acquisto immobiliare, per il quale il ricorrente aveva fruito del beneficio, effettuato in un Comune diverso da quello in cui è ubicato l’immobile oggetto del più recente acquisto.
Ciò è avvenuto quando il fatto generatore dell’agevolazione si era da anni consolidato riguardo al primo immobile acquistato e il relativo rapporto tributario si era definitivamente estinto.
Il legislatore fiscale, quindi, non prevede la possibilità di rinunciare alle agevolazioni “prima casa”.
Il rapporto giuridico-tributario, che sorge a seguito della dichiarazione resa in atto dal soggetto acquirente e avente a oggetto il possesso dei requisiti prescritti dalla nota II-bis) deve ritenersi perfezionato laddove le condizioni risultino effettivamente sussistenti.
Pertanto, una volta conseguita l’agevolazione “prima casa”, questa non sarà più revocabile dalla parte, salvo il caso in cui la dichiarazione resa dal contribuente riguardi l’impegno a trasferire entro diciotto mesi la propria residenza.
In tale ipotesi, infatti, essendo il requisito in esame rimesso a una condotta del contribuente, quest’ultimo può revocare la dichiarazione di intenti formulata nell’atto di acquisto dell’immobile.
Tuttavia, tale revoca può avvenire solo in pendenza del relativo termine tenuto conto che prima della scadenza del predetto termine il contribuente risulta ancora in tempo per adempiere all’impegno preso.
A tal fine, l’acquirente che non intende adempiere all’impegno assunto in atto è tenuto a presentare una apposita istanza all’ufficio presso il quale lo stesso atto è stato registrato, con cui revoca la dichiarazione d’intenti espressa di volere trasferire la propria residenza nel Comune nel termine di diciotto mesi dall’acquisto e richiede la riliquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione (cfr risoluzione n. 105/2011). Decorso il termine di diciotto mesi dalla data dell’atto senza che il contribuente abbia provveduto a trasferire la residenza o a presentare all’ufficio dell’Agenzia una istanza con la quale revoca la predetta dichiarazione di intenti, si verifica la decadenza dall’agevolazione “prima casa” fruita in sede di registrazione dell’atto.
La Corte, quindi, nel respingere il ricorso del contribuente, fa anche leva sui chiarimenti forniti dalla Agenzia con la citata risoluzione.
Al riguardo, ricordiamo che, nel richiamato documento di prassi, viene citata una precedente sentenza della Corte di cassazione (la n. 8784 del 28 giugno 2000), in cui viene precisato che la dichiarazione di voler fruire del beneficio “non è revocabile per definizione, tanto meno in vista di un successivo atto di acquisto”.
La risoluzione ha inoltre precisato, che a seguito della presentazione dell’istanza, l’ufficio procede alla riliquidazione dell’atto di compravendita e alla notifica di apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta oltre che degli interessi calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita.
Non trova invece applicazione, in tal caso, in ragione della tempestiva revoca, la sanzione pari al 30% prevista dal Tur.
fonte: fiscooggi.it