
10 Mar Le agevolazioni “prima casa” sono incompatibili con le abitazioni di lusso
È considerata abitazione di lusso e deve essere esclusa dai benefici “prima casa”, secondo la disciplina in vigore fino al 2014, l’abitazione che, con il piano interrato raggiungibile da una scala interna, in cui si trovano un guardaroba e una lavanderia, totalizza più di 240 metri quadri. Tali ambienti, infatti, costituiscono parte dell’immobile contribuendo alla sua valorizzazione complessiva. È la conclusione a cui è giunta la Cassazione nell’ordinanza n. 2503/2025. La nozione di abitazione di lusso si rinviene nell’articolo 6 del decreto ministeriale dei Lavori pubblici del 2 agosto 1969, secondo cui rientrano in tale classificazione anche le singole unità immobiliari che hanno superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchina). Con la suddetta ordinanza, la Corte di cassazione, applicando la disciplina vigente “ratione temporis”, ha escluso le agevolazioni prima casa per le abitazioni di lusso, chiarendo la superficie dell’immobile che va ricompresa nel computo ai fini fiscali.
I fatti di causa
La controversia origina da un avviso di liquidazione emesso nei confronti di due contribuenti, per il recupero di quanto dovuto a causa della revoca dell’agevolazione prima casa (Iva al 4%) fruita per l’acquisto di un immobile sito in Bergamo. Infatti, superando complessivamente i 240 mq di superficie utile, l’Amministrazione finanziaria valutava tale immobile “di lusso” ritenendo indebito il beneficio fiscale.
I ricorrenti impugnavano l’avviso, eccependo l’erronea stima della superficie complessiva dell’immobile, eseguita dagli Uffici avvalendosi solo delle planimetrie catastali, in base alle quali rientrava nella superfice “utile” anche quella dell’autorimessa, del piano interrato e della soffitta.
Nel giudizio di primo grado venivano accolte le difese dei contribuenti. Il giudice, infatti, valutava, riguardo le suddette superfici, che il piano interrato dell’immobile non era direttamente collegato con la proprietà principale, il secondo piano era una soffitta e l’autorimessa rientrava nella categoria del posto-macchina, non essendo computabili, pertanto, dette superfici nel calcolo complessivo della superficie utile.
La decisione di primo grado veniva impugnata con successo da parte dell’Agenzia delle entrate, e, successivamente, i contribuenti proponevano ricorso per cassazione denunciando, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui alla Tabella A, parte seconda, n. 21 allegata al Dpr n. 633/1972, dell’articolo 1, nota II-bis, della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr n. 131/1986, nonché dei parametri di cui all’articolo 6 del decreto ministeriale dei Lavori pubblici n. 1072/1969, per avere la Ctr interpretato erroneamente il concetto di “superficie utile complessiva” ai fini della qualificazione di abitazione di lusso.
In particolare, si riteneva errata l’equivalenza, eseguita dall’Amministrazione finanziaria dei concetti di “superficie calpestabile“, “locali concretamente utilizzabili“, “locali per loro natura al servizio delle restanti parti dell’unità immobiliare“, “locali che contribuivano alla valorizzazione dell’immobile… anche se di altezza inferiore“.
La Corte di cassazione confermando la decisione di secondo grado, rigetta il ricorso proposto.
I motivi della decisione e il concetto di superfice utile complessiva
Secondo i giudici di legittimità al fine di stabilire se, per metratura, un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici “prima casa”, è necessario riferirsi alla nozione di “superficie utile complessiva“. Con essa si intende la mera utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, considerandosi pertanto tutta la superficie dell’unità immobiliare, con esclusione di balconi, terrazze, cantine, soffitte scale e posto auto, in quanto espressamente esclusi dalla disposizione richiamata.
Tale interpretazione riposa sulla lettura dell’articolo 5 del citato dm, che fa richiamo al concetto di superficie utile dell’alloggio padronale, che prescinde dalla sua abitabilità.
Nel caso di specie, il “piano interrato“ costituiva una porzione dell’immobile in questione, collegata alla porzione principale, attraverso una scala ubicata all’interno dell’unica proprietà e al servizio esclusivo dei contribuenti. Lo stesso “piano interrato“, come il secondo piano in contestazione, includeva locali direttamente complementari con le restanti parti dell’unità immobiliare (come un guardaroba e una lavanderia), contribuendo alla valorizzazione complessiva dell’immobile. Di modo che, l’estensione dell’abitazione superava 240 mq.
Secondo la Cassazione: “In definitiva, ciò che assume rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – è la marcata potenzialità abitativa del bene (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19186 del 17/07/2019; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25674 del 15/11/2013) e, più precisamente, l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana (Cass., Sez. 5, sentenza n. 23591 del 20/12/2012; Cass. sez.6- 5, n. 1537 del 2021)”.
In ogni caso, ricorda la stessa Corte, per costante giurisprudenza di legittimità, in base ai principi sopra espressi, è stato da tempo riconosciuto che anche la cantina e la soffitta, con accesso dall’interno dell’abitazione e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili (a dispetto del tenore letterale dal D.M. del 1969) ai fini della superficie utile complessiva (Cassazione 18480/2016 e n. 1537/2021).
La situazione ad oggi
Pe completezza si ricorda che, ad oggi, con la modifica dell’articolo 10 del Dlgs n. 23/2011, in vigore dal 1° gennaio 2014, le agevolazioni per l’acquisto della prima casa non spettano per il trasferimento di case di abitazioni appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9, mentre la concessione dei benefici fiscali non è più sottoposta alla verifica sulla sussistenza delle caratteristiche di “abitazione di lusso”, di cui al citato decreto ministeriale 2 agosto 1969. Sulla modifica della disciplina in parola, la stessa Agenzia delle entrate ha ritenuto di fornire chiarimenti interpretativi con la circolare n. 31E/2014.
fonte: fiscooggi.it