01 Dic 1/12 Dl crescita: spinta alle società. Riproposto il “Bonus aggregazioni”
L’agevolazione è finalizzata a incentivare le operazioni straordinarie fra compagini, come fusioni o scissioni ed è riconosciuta anche nell’ipotesi di conferimento di azienda
L’articolo 11 del Dl n. 34/2019 (decreto crescita), ha reintrodotto una disciplina finalizzata ad agevolare le operazioni di aggregazione aziendale (“bonus aggregazione”). La disposizione in questione ripropone una misura già prevista in passato dalla legge n. 296/2006 (articolo 1, commi 242-249) e dal decreto legge n. 5/2009.
L’articolo in esame prevede che alle società di capitali residenti in Italia e soggette all’imposta sui redditi delle società (Ires), risultanti da fusioni o scissioni effettuate a decorrere dal 1° maggio 2019 al 31 dicembre 2022 sia riconosciuto il maggior valore di avviamento e/o il maggior valore attribuito ai beni strumentali materiali e immateriali derivante dall’imputazione su tali poste di bilancio del disavanzo di concambio, per un ammontare complessivo non eccedente l’importo di 5 mln di euro.
La medesima agevolazione è riconosciuta in caso di operazioni di conferimento di azienda sui maggiori valori iscritti in bilancio a titolo di avviamento o sui beni strumentali materiali e immateriali, nel limite di 5 mln di euro.
In entrambe le ipotesi, il maggior valore attribuito all’avviamento e ai beni strumentali materiali e immateriali viene riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap), a decorrere dall’esercizio successivo a quello in cui ha avuto luogo l’operazione di aggregazione aziendale o di conferimento.
Il riferimento esplicito ai beni strumentali e all’avviamento, inoltre, esclude la possibilità di dare riconoscimento fiscale a quella parte di disavanzo da concambio imputato ai beni del magazzino e/o alle partecipazioni. Nei casi in cui il disavanzo generato per effetto dell’operazione aziendale sia superiore all’importo di 5 mln di euro, il contribuente dovrà individuare i beni per i quali i maggiori valori dovranno essere considerati fiscalmente rilevanti.
Conformemente alla ratio della norma, viene riconosciuta valenza fiscale al solo disavanzo da concambio e non anche a quello d’annullamento. La norma di favore introdotta con il decreto crescita, infatti, ha lo scopo di promuovere le concentrazioni tra soggetti indipendenti, pertanto esclude la possibilità di ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell’imputazione del disavanzo da annullamento, quale posta di equilibrio contabile che si può generare solo nell’ambito di operazioni di fusione e scissione tra società legate tra loro da vincoli partecipativi.
Tuttavia, la caratteristica principale del bonus aggregazioni è rappresentata dal fatto che tale disposizione introduce una deroga al principio di neutralità fiscale, tipico delle operazioni straordinarie, con lo scopo di incentivare operazioni di aggregazione aziendale effettuate fra soggetti indipendenti.
Gli articoli 172 e 173 del Tuir, infatti, sanciscono, in linea generale, il principio della neutralità delle operazioni di fusione e scissione con riferimento ai beni delle società incorporate o fuse ovvero della società scissa: i beni delle società fuse, incorporate o scisse, transitano nel bilancio della società risultante dalla fusione, incorporazione o scissione, con lo stesso valore fiscalmente riconosciuto che avevano presso le società di provenienza.
A conferma del principio di neutralità, viene sancita l’irrilevanza fiscale dell’avanzo e del disavanzo, sia da annullamento che da concambio, eventualmente emergenti nel bilancio della società incorporante o risultante dalla fusione ovvero della società beneficiaria. Ordinariamente, pertanto, non si tiene conto, nella determinazione del reddito della società risultante dalla fusione o dalla scissione, dell’iscrizione di tali differenze contabili.
In altri termini, il costo dei beni trasferiti per effetto di dette operazioni straordinarie resta, ai fini fiscali, quello precedente all’operazione, pertanto gli ammortamenti calcolati sui maggiori valori iscritti non sono fiscalmente deducibili e/o le plusvalenze e minusvalenze, emergenti in caso di cessione dei beni rivalutati, andranno calcolate non tenendo conto delle rivalutazioni effettuate con l’utilizzo del disavanzo.
Anche per i conferimenti di azienda è previsto il principio di neutralità che rende irrilevante, ai fini fiscali, l’eventuale iscrizione nelle scritture contabili della conferente o della conferitaria di valori diversi da quelli fiscalmente riconosciuti.
Ne consegue che il soggetto conferente conserverà come valore fiscale delle partecipazioni ricevute quello dell’azienda conferita, mentre il soggetto conferitario, indipendentemente dal valore attribuito in bilancio ai beni ricevuti, subentrerà in toto nei valori fiscali già riconosciuti in capo al conferente.
Per individuare il momento esatto in cui le operazioni di fusione, scissione o di conferimento d’azienda, si considerano “effettuate”, si dovrà fare riferimento alla data in cui l’operazione è perfezionata. Nello specifico, per le operazioni di fusione, tale momento coincide con la data dell’ultima delle iscrizioni dell’atto di fusione presso il Registro delle imprese. Qualora sia stata prevista la postdatazione dell’efficacia dell’operazione di una fusione per incorporazione, ai sensi dell’articolo 2504-bis del codice civile, rileva tale data successiva.
Per le operazioni di scissione, tale momento coincide con la data dell’ultima delle iscrizioni dell’atto di scissione presso il Registro delle imprese. Qualora sia stata prevista la postdatazione dell’efficacia dell’operazione, che ai sensi del medesimo articolo 2506-quater del codice civile è possibile solo in assenza di costituzione di nuove società, rileva tale data successiva.
In relazione ai conferimenti d’azienda, tale momento coincide con la data di iscrizione della delibera di aumento del capitale sociale presso il Registro delle imprese, ai sensi dell’articolo 2436, comma 5, del codice civile.
L’articolo 11 del decreto crescita subordina il riconoscimento dell’agevolazione in commento alle condizioni che le imprese partecipanti all’operazione di aggregazione:
-siano operative da almeno due anni
-non facciano parte dello stesso gruppo societario
-non siano legate da un rapporto di partecipazione superiore al 20%
-non siano controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
Risultano, pertanto, escluse dall’agevolazione in commento:
-le imprese costituite da meno di due anni
-le imprese che nel biennio non abbiano esercitato un’effettiva attività di impresa.
L’agevolazione si applica a condizione che le imprese che partecipano all’operazione di aggregazione aziendale “si trovino o si siano trovate ininterrottamente, nei due anni precedenti l’operazione, nelle condizioni che consentono il riconoscimento fiscale…”.
Ne deriva che il beneficio può essere concesso a condizione che le imprese partecipanti alle descritte operazioni di aggregazione aziendale possiedano i requisiti soggettivi e oggettivi (richiesti ai fini del riconoscimento fiscale) non solo al momento in cui viene posta in essere l’operazione di fusione, scissione o conferimento, ma che li abbiano posseduti ininterrottamente anche nel corso dei due anni precedenti l’operazione stessa. La disposizione in argomento è volta a contrastare iniziative strumentali assunte al solo scopo di avvalersi del beneficio fiscale.
Per espressa previsione normativa, la decadenza dall’agevolazione si verifica se le ulteriori operazioni straordinarie e/o la cessione dei beni rivalutati avvengono “nei primi quattro periodi d’imposta dalla effettuazione dell’operazione”, includendo nel computo anche il periodo d’imposta nel corso del quale l’operazione è effettuata.
Tale disposizione, con chiaro intento antielusivo, prevede la decadenza dall’agevolazione in esame per la società che pone in essere ulteriori operazioni straordinarie (rispetto a quella che ha determinato la spettanza del beneficio fiscale) ovvero che aliena i beni oggetto dell’agevolazione stessa.
In caso di decadenza dall’agevolazione, la società è tenuta a liquidare e a versare, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale si è verificata la decadenza, l’imposta sul reddito delle società e l’imposta regionale sulle attività produttive dovute sul maggior reddito, relativo anche ai periodi di imposta precedenti, determinato senza tener conto dei maggiori valori fiscalmente riconosciuti.