30 Giu 30/6 Sviluppo insostenibile: non c’è più sabbia nel mondo
di Eduardo Lubrano. Tornando nel luogo di vacanza di mare caro ad ognuno di noi sarà capitato di notare come la zona sabbiosa da diverso tempo si stia restringendo sempre di più. Dalla riviera romagnola alla Sicilia, dalla Sardegna al litorale tirrenico, dalla Spagna alle Maldive.
La prima spiegazione è il cambiamento climatico che ormai viene utilizzato come alibi generico per qualunque cosa. Dimenticando che l’evidenza scientifica ha dimostrato che i cambiamenti del clima sono responsabilità di ognuno di noi, del genere umano. E nel caso della sabbia che non c’è più lungo le coste il fenomeno è ancora di più riconducibile alle attività umane, spesso illecite.
A cosa serve la sabbia
Il calcestruzzo, per esempio, è composto da 2/3 di sabbia e ci vogliono 200 tonnellate di sabbia per costruire in media una casa. Un edificio come un ospedale, ne consuma circa 3.000 tonnellate. Ogni km di autostrada inghiotte almeno 30.000 tonnellate di sabbia. Per costruire una centrale nucleare ce ne vogliono circa 12 milioni. Ogni draga può pompare tra il 4.000 e 400.000 m3 di sabbia sul fondo del mare al giorno, con un guadagno che va da 20.000 a 150.000.000 euro al giorno, mentre tra il 75 e il 90% delle spiagge del mondo sono ormai in via di estinzione. Continuando di questo passo, se non si fa nulla per porre fine a questa immensa speculazione, le spiagge di tutto il mondo entro il 2100 saranno solo un ricordo storico.
Ci sono 3.500 aziende australiane che esportano nella Penisola Arabica hanno triplicato i loro profitti e la sabbia ora è il nuovo oro nero. In India, i pirati della sabbia, sparsi lungo le coste e fiumi del subcontinente, operano apertamente in oltre 8.000 siti di estrazione illegale. La Spagna detiene il triste primato del Paese che ha utilizzato più sabbia in Europa, in Florida, 9 spiagge su 10 sono in procinto di scomparire. Alle Maldive, l’estrazione di sabbia ha provocato l’evacuazione di 120 isole.
Questo ritmo non è sostenibile dal pianeta ed i rischi economici, sociali, ambientali cui corriamo incontro sono drammatici.