Rapporto ISMEA: gli Agriturismi reagiscono alla crisi Covid

Rapporto ISMEA: gli Agriturismi reagiscono alla crisi Covid

La crisi che ha travolto l’Italia a causa della pandemia ha visto, inevitabilmente, il turismo come uno dei settori più colpiti, costringendo gli operatori a cercare nuovi modelli e nuovi canali per permettere alle loro imprese di sopravvivere di fronte alle difficoltà. Un’operazione che, con fatica e sacrificio, sembra poter riuscire al settore dell’agriturismo, come evidenziato dal quarto Rapporto Agriturismo e multifunzionalità, realizzato dall’ISMEA nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale. Il lavoro fornisce approfondimenti del tutto nuovi sugli impatti dell’emergenza sanitaria Covid-19 sulle imprese multifunzionali, e in particolare sugli agriturismi, e sulle possibili traiettorie post Covid-19, in alcuni casi già in atto, anche grazie a un’indagine presso un panel di oltre 500 imprese agrituristiche italiane, condotta con il supporto e la collaborazione delle Regioni e delle associazioni nazionali agrituristiche.

2020 UN ANNO DI TRANSIZIONE

I risultati dell’indagine, si legge nel Rapporto, evidenziano in modo incontrovertibile quanto il 2020 sia stato un anno di profonda transizione nella società e nel mercato, in particolare in quello turistico. Un anno di crisi, certamente, ma anche un anno di profonda evoluzione strutturale nella domanda e nell’offerta. In tale contesto l’agriturismo italiano ha dimostrato una notevole capacità di risposta, attivando vie di fornitura alternative e parallele alla distribuzione organizzata, adottando nuovi sistemi di prenotazione, puntando sulle filiere locali, riuscendo a rinnovare, in tempi rapidissimi, la propria offerta di prodotti e servizi.

IL CROLLO DEL TURISMO

In un contesto caratterizzato dalle forti limitazioni agli spostamenti, le conseguenze negative per il settore del turismo erano inevitabili: l’Istat ha stimato una perdita di oltre 80 milioni di presenze turistiche e di oltre 9 miliardi di euro di spesa da parte di turisti stranieri.

In questo contesto, anche le aziende agricole e agrituristiche hanno subìto un duro colpo, in termini di fatturato e volume di attività: l’86,1% degli agriturismi intervistati ha dichiarato di aver subito una riduzione dei ricavi complessivi (derivanti dall’attività agricola e dalle attività connesse) dall’inizio della pandemia; per il 67,3% delle aziende del panel la diminuzione dei ricavi, rispetto al 2019, è stata superiore al 30%; per quasi un terzo delle aziende (31,4%) la riduzione è stata addirittura superiore al 50%.

La vendita diretta dei prodotti ha subìto una diminuzione per la metà delle imprese, ma naturalmente sono i servizi agrituristici (alloggio, ristorazione, fattoria didattica, ecc.) ad essere stati penalizzati maggiormente: il 67,8% delle imprese ha registrato una riduzione delle relative richieste.

Più in generale, a seguito dell’emergenza, circa metà delle aziende ha ricevuto disdette di ordini dei prodotti, mentre le disdette di prenotazioni di pernottamenti hanno riguardato ben il 91% delle aziende.
Il crollo delle presenze degli ospiti stranieri, che per l’agriturismo rappresentano circa il 50% del mercato, è stato parzialmente controbilanciato da alcuni trend: l’aumento degli ospiti italiani per il 46,4% delle imprese; la scelta, fatta da molti vacanzieri italiani, di destinazioni di prossimità per l’estate 2020.

Il 29,7% delle imprese ha infatti registrato un aumento, rispetto al 2019, della richiesta di servizi agrituristici da parte di persone del luogo, riconducibile al fenomeno del cosiddetto turismo di prossimità; per circa un quinto delle imprese (20,8%) è aumentata inoltre la richiesta di servizi agrituristici da parte di ospiti fidelizzati.

UN 2019 DI CRESCITA

Prima dell’emergenza pandemica, il comparto agrituristico aveva chiuso il 2019 confermando la lieve crescita progressiva che lo caratterizza da molti anni (+4,1% di aziende agrituristiche rispetto al 2018). L’offerta raggiunge le 24.576 aziende agrituristiche per un totale di 285.027 posti letto (+8,5% rispetto al 2018), oltre 12.500 piazzole di sosta per campeggiatori (+11,2%) e 493.000 posti a tavola (+6,7%). Sempre con riferimento al 2019 l’agriturismo, con poco meno di 3,8 milioni di arrivi e oltre 14 milioni di presenze, ha contribuito per il 2,9% degli arrivi e il 3,2% delle presenze del turismo italiano, registrando incrementi annui degli arrivi (+9,6%) e delle presenze (+4,7%) decisamente superiori a quelli di tutti gli esercizi ricettivi nel complesso (+2,6% e +1,8%). Nel 2019 il 47,7% degli arrivi e il 58,4% delle presenze dell’agriturismo sono pervenute dall’estero: la domanda estera ha raggiunto quasi 1,8 milioni di arrivi (+9,5% rispetto al 2018) e 8,2 milioni di presenze (+3,8% rispetto al 2018). È tuttavia importante registrare, anche alla luce di quanto accaduto nel 2020, la crescita fatta registrare già nel 2019 dalla domanda interna attestatasi a 1,9 milioni di arrivi (+9,6% rispetto al 2018) e circa 5,8 milioni di presenze (+6,0% rispetto al 2018).

IL FUTURO DEL SETTORE E LA NUOVA PAC

In questa fase di difficoltà e transizione si inserisce il passaggio alla nuova programmazione PAC, recentemente spostata al 2023. La prossima Politica Agricola Comune si è ormai delineata nei suoi obiettivi e la sua impronta sarà verde: una triplice strategia costituita dalla transizione verde, dalla strategia Farm to Fork e dalla strategia per la biodiversità 2030 caratterizzerà tutta la nuova programmazione.

In tale contesto l’agriturismo non parte da zero, ma anzi ha già compiuto una parte importante del percorso, e possiede valori e strumenti che possono essere ulteriormente sviluppati: la vocazione sostenibile, l’impegno nella tutela di territori e paesaggi, il ruolo di capofila nei circuiti locali di somministrazione di cibo sano e nutriente, l’esperienza consolidata nel campo dei servizi alla persona.

Partendo dagli obiettivi della nuova PAC e “incrociandoli” con i risultati dell’indagine ISMEA emergono alcuni possibili percorsi di cambiamento nello scenario post Covid per le aziende multifunzionali ed in particolare per quelle agrituristiche.

Oltre la metà delle imprese agrituristiche (55,7%) ha predisposto nuove proposte di servizi già nelle prime fasi dell’emergenza (primavera-estate): fra questi spiccano la consegna a domicilio dei prodotti aziendali e dei pasti preparati in azienda, in “sostituzione” dei servizi agrituristici interrotti e in risposta a una domanda e un sistema di approvvigionamento dei prodotti alimentari improvvisamente mutati. Parallelamente emerge la riorganizzazione dell’offerta di ospitalità, in risposta a nuove esigenze e nuovi target: soggiorni più lunghi, spazi attrezzati per lo smart working dove poter continuare la propria attività lavorativa, attività didattiche, ricreative, sportive, sociali rivolte a famiglie e singoli, portatori di bisogni emersi con maggiore forza a seguito del periodo di lockdown.