Prolungamento al 30 giugno del blocco dei licenziamenti

Prolungamento al 30 giugno del blocco dei licenziamenti

Il  Decreto “Sostegni” ha preso atto del perdurare della difficile situazione economica e sociale a  causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Così è stata presa, non senza polemiche e con tutti i rischi che comporterà, la decisione di estendere ulteriormente fino al 30 giugno 2021 il blocco ai licenziamenti, che era stato previsto dal precedente Decreto ristori al 31 marzo, per giustificato motivo oggettivo, sia individuali che collettivi.

Ancora, il D.l. “Sostegni”, entrato in vigore il 23 marzo scorso riserva un ulteriore slittamento, dal 1º luglio al 31 ottobre 2021, nei confronti delle aziende che ricorrono agli ammortizzatori sociali con causale “COVID-19”, limitatamente alle prestazioni di:

  • Cassa integrazione guadagni in deroga, assegno ordinario erogato dal FIS per un totale di ventotto settimane dal 1º aprile al 31 dicembre 2021;
  • Cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA), per un massimo di centoventi giorni dal 1º aprile al 31 dicembre 2021.

Il cosiddetto “stop ai licenziamenti”, da ultimo prorogato dalla Legge di bilancio (L. n. 178/2020) sino al 31 marzo 2021, inibisce alle aziende di:

  • Ricorrere a licenziamenti individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo;
  • Avviare procedure di licenziamento collettivo.

Questo blocco ha inoltre l’effetto di sospendere:

  • Procedure di licenziamento collettivo pendenti, avviate in data successiva al 23 febbraio 2020;
  • Procedure di conciliazione obbligatoria in corso riservate dall’articolo 7 della Legge n. 604/1966 ai lavoratori in tutele reali ante “Jobs Act”.

Rimangono tuttavia operativi per le aziende una serie di licenziamenti esclusi dallo stop, pur rientranti nella definizione di giustificato motivo oggettivo, in quanto motivati da ragioni inerenti l’attività produttiva.

Parimenti per tutte quelle ipotesi di recesso giustificate da ragioni estranee alle condizioni economiche dell’azienda o del mercato in generale. Vediamo un dettaglio:

  • Cambi di appalto, laddove il personale interessato dai licenziamenti sia stato riassunto dal nuovo appaltatore in forza di un obbligo di legge, contratto collettivo o clausola del contratto di appalto;
  • Cessazione definitiva dell’attività d’impresa;
  • Cessazione definitiva dell’attività d’impresa, conseguente alla messa in liquidazione della società, senza continuazione, anche parziale, dell’attività, qualora nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa;
  • Accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto, con esclusivo riferimento ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo (a questi ultimi è peraltro riconosciuto in presenza degli altri requisiti il potenziale diritto all’indennità di disoccupazione NASPI);
  • Fallimento dell’azienda, nei casi in cui non sia previsto l’esercizio provvisorio d’impresa ovvero ne sia decretata la cessazione. A fronte dell’esercizio provvisorio di uno specifico ramo dell’azienda, rimane la possibilità che il blocco riguardi soltanto i lavoratori adibiti allo stesso, mentre si potrà ricorrere ai licenziamenti per la restante popolazione aziendale.
  • Licenziamenti per giusta causa, motivati da comportamenti extra-lavorativi del dipendente talmente gravi da ledere il vincolo fiduciario di quest’ultimo con il datore di lavoro. I licenziamenti per giusta causa, per i quali oltretutto non opera alcun periodo di preavviso, devono obbligatoriamente rappresentare il risultato della normale e codificata procedura di contestazione disciplinare.
  • Licenziamenti per giustificato motivo soggettivo. Anche in questo caso dovrà essere osservata la corretta procedura di contestazione disciplinare. Tali sono le ipotesi di recesso (con periodo di preavviso) determinate da inadempimenti, da parte del lavoratore, dei propri obblighi contrattuali.
  • Termine del periodo di prova. Datore di lavoro e dipendente potranno recedere liberamente dal contratto durante o al termine del periodo di prova, fissato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, senza obbligo di motivare la decisione. Ciò in ragione del fatto che la prova ha la principale funzione di consentire ad azienda e dipendente di testarsi a vicenda, per verificare se il rapporto può proseguire serenamente.
  • Licenziamento periodo di comporto. Nonostante la motivazione rientri nella categoria dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, i datori di lavoro (nonostante il blocco in parola) possono recedere dal contratto per superamento del periodo di comporto, istituto disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, legato al numero di assenze per malattia / infortunio, realizzatesi in un determinato arco temporale.
  • Altre ipotesi di esclusione dal blocco sono: Licenziamenti di lavoratori domestici; Licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età per la pensione di vecchiaia; Licenziamenti dei dirigenti; Risoluzione del rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo.