Pensioni & INPS: tre proposte per superare quota 100

Pensioni & INPS: tre proposte per superare quota 100

Il Presidente dell’INPS, Giovanni Tridico, ha presentato e illustrato alla Camera dei Deputati la Relazione annuale e il XX Rapporto dell’Istituto. Centrale il ruolo dell’Istituto di Previdenza anche nella gestione degli ammortizzatori sociali e degli indennizzi economici legati alla pandemia.

Il covid ha impattato pesantemente sul sistema economico. Gli interventi dell’Inps per l’emergenza Covid hanno raggiunto “15 milioni di beneficiari, pari a 20 milioni di individui e una spesa di 44,5 miliardi”. Il presidente Pasquale Tridico nella Relazione annuale dell’Inps illustrata ieri alla Camera, rivendicando il ruolo “fondamentale” dell’istituto “per attenuare gli effetti economici e sociali della pandemia”. Tridico ha ricordato che sono stati sostenuti: 4,3 milioni di autonomi, professionisti, stagionali, agricoli, lavoratori del turismo e dello spettacolo; 6,7 milioni di lavoratori dipendenti beneficiari delle integrazioni salariali, per una spesa di 23,8 miliardi; 210mila disoccupati con la NASpI; 515mila nuclei familiari con l’estensione dei congedi; 1,8 milioni di nuclei familiari (3,7 milioni di individui) con il Reddito di cittadinanza “un potente strumento – ha detto Tridico – che ha contribuito a ridurre il rischio di tensioni sociali”.

“Se ci focalizziamo sulle aziende stabilmente presenti nel periodo pandemico da marzo 2020 a febbraio 2021, pari a 1.267.000 imprese, il 43% (pari a 541.000 imprese) non ha mai usufruito di Cig, il 18% (227.000 imprese) ha fatto ricorso alla Cig esclusivamente nella fase piu’ severa del lockdown nella primavera 2020 e il 17% (211.000 imprese) ha avuto qualche trascinamento comunque esauritosi nel corso del 2020” ha detto Tridico, aggiungendo che “vi e’ quindi un residuo 22% (288.000 imprese), che corrisponde al 26,5% dell’occupazione, facente ancora ricorso alla Cig e che presumibilmente non e’ riuscita ancora a risollevarsi dalla crisi pandemica”.

Riforma dei sussidi

“Non appena la fase emergenziale andrà a chiudersi, occorrerà che si concentrino le risorse – in futuro più scarse – sui casi di maggior bisogno. Occorrerà altresì riequilibrare non solo i sussidi, ma anche la distribuzione delle tutele, in un contesto dove l’area del lavoro povero e del lavoro precario va pericolosamente allargandosi”. Tridico ha segnalato che i woorking poor erano il 26% nel 1990 e il 32,4% nel 2017, con un aumento della frammentazione lavorativa; inoltre si allarga sempre più l’area del lavoro atipico, in particolare su piattaforme digitali (rider).

Tridico ha insistito sull’importanza della funzione ispettiva, rinnovando la richiesta di poter reclutare altri ispettori, che negli ultimi cinque anni sono scesi da 1.250 a meno di 1.000, pesando sulla capacità di riscossione contributiva, diminuita da oltre 1 miliardo a 800 milioni annui.Tra marzo 2020 e febbraio 2021 sono stati circa 330mila i posti di lavoro preservati con il blocco dei licenziamenti. Di questi, oltre due terzi sono riconducibili alle piccole imprese fino a 15 dipendenti.

Adesso ha aggiunto Tridico, “si trattera’ ora di vedere come evolvera’ questo saldo al seguito della rimozione del blocco dei licenziamenti”. “Negli anni precedenti la pandemia i licenziamenti di natura economica superavano il mezzo milione all’anno, a fronte tuttavia di una dinamica positiva di assunzioni nel complesso, considerando tutte le tipologie contrattuali, a fine febbraio 2021 i posti di lavoro dipendente presso le aziende private risultavano diminuiti di 37mila unita’ rispetto allo stesso momento dell`anno precedente”, ha continuato.

Per effetto del crollo dei contratti stagionali e a tempo determinato registrato nel 2020, le entrate contributive dell’Istituto si sono ridotte, rispetto al 2019, di 11 miliardi di euro. L’aumento della spesa per integrazioni salariali e la contrazione delle entrate contributive hanno determinato un peggioramento del risultato finanziario di competenza dell’Istituto, che e’ passato da +6,6 miliardi di euro del 2019 (il miglior risultato degli ultimi 11 anni) a -7,1 miliardi di euro del 2020. Sul piano contabile, la maggior parte della spesa per prestazioni Covid-19 e’ stata finanziata con stanziamenti a carico della fiscalita’ generale, una parte importante e’ rimasta tuttavia a carico del bilancio dell’Istituto. In particolare, la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, il Fondo di integrazione salariale e gli altri Fondi di solidarieta’ di settore hanno finanziato interventi di integrazione salariale per una spesa complessiva pari, nel 2020, a 7,3 miliardi di euro.

I numeri Inps nel 2020

Al 31 dicembre 2020, i pensionati italiani erano pari a circa 16 milioni, di cui 7,7 uomini e 8,3 donne. Nonostante le donne pensionate siano la maggioranza, le pensioni medie mensili degli uomini (pari a 1.897 euro) superano significativamente quelle delle donne (pari a 1.365). Il divario retributivo a livello territoriale si riflette nel dato pensionistico: le pensioni medie al Centro-Nord superano di poco i 1.700 euro, mentre quelle al Sud e Isole sono pari a 1.400 euro”. Le prestazioni previdenziali rappresentano l’81% del totale e quelle assistenziali il 19%. La categoria piu’ numerosa e’ rappresentata dalle pensioni di anzianita’/anticipate con il 30,9% del totale, seguita da quella delle pensioni di vecchiaia con il 24,5% e dalle pensioni ai superstiti con il 20,5%; le prestazioni agli invalidi civili sono il 15,3% del totale; le prestazioni di invalidita’ previden ziale e le pensioni/assegni sociali sono rispettivamente il 5% e il 3,9%.

In rapporto al contesto macroeconomico, la dinamica della spesa pensionistica, ha detto Tridico, si caratterizza per un rallentamento della crescita a partire dal 2014. Tuttavia, il rapporto tra numero di pensionati e occupati si mantiene su un livello che e’ tra i piu’ elevati nel quadro europeo. Inoltre, il rapporto tra l’importo complessivo delle pensioni, in termini nominali, e il numero di occupati e’ cresciuto del 70% tra il 2001 e il 2020. Questo importo ricomprende pero’ una componente di spesa assistenziale la cui individuazione e’ uno dei temi ricorrenti nel dibattito sulla sostenibilita’ del sistema previdenziale italiano, e puo’ modificare significativamente analisi e posizionamento in chiave comparata con gli altri Paesi europei.

Flessibilità in uscita

Nell’ambito del dibattito su flessibilita’ e possibilita’ di anticipo dell’uscita per pensionamento Inps ha analizzato tre ipotesi: pensionamento anticipato con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’eta’; calcolo contributivo con 64 anni di eta’ e 36 di contributianticipo della sola quota contributiva della pensione a 63 anni, rimanendo ferma a 67 la quota retributiva. La prima proposta e’ la piu’ costosa, da 4,3 miliardi nel 2022 a 9,2 miliardi a fine decennio, lo 0,4% del Pil; la seconda e’ meno onerosa, da 1,2 miliari a 4,7 nel 2027, con risparmi poco prima del 2035; con l’ultima l’impegno di spesa parte da meno di 500 milioni nel 2022 e raggiunge il massimo costo nel 2029 con 2,4 miliardi. Nel lungo periodo le proposte portano a una riduzione della spesa pensionistica, con impatti differenti e diversa sostenibilita’ sui conti pubblici.

Il presidente Pasquale Tridico ha ricordato, infine, che Quota 100 ha riguardato 180.000 uomini e 73.000 donne nel 2019-20, Opzione Donna 35.000 pensionamenti; rispetto alla sostituzione dei pensionati in Quota 100 con lavoratori giovani, un’analisi condotta su dati d’impresa non mostra evidenza di uno stimolo a maggiori assunzioni.

fonte: pensionioggi.it