12 Giu Ismea: i costi correnti di produzione dell’agricoltura e gli scenari futuri
Una lunga dinamica senza grandi sussulti del mercato per la maggior parte dei mezzi di produzione utilizzati in agricoltura ha indotto probabilmente una bassa consapevolezza rispetto al ruolo dei costi di produzione nella generazione del reddito aziendale rispetto a quello dei prezzi di vendita del prodotto finale.
Su questo fronte, il 2021 rappresenta un punto di rottura. Quella che i media, ormai iterativamente, definiscono la “tempesta perfetta”, ovvero l’allinearsi in senso sfavorevole di una molteplicità di fattori di tipo strutturale e congiunturale, endogeni ed esogeni al settore, ha obbligato ad acquisire tale consapevolezza con una specificità: una crisi talmente ad ampio raggio da interessare, concentrandoci sul settore agroalimentare, tutte le filiere e, nell’ambito delle stesse filiere, tutti gli anelli di cui sono composte; dalla produzione dei mezzi tecnici al consumatore finale, cui peraltro una quota importante del proprio reddito è stata “distratta” verso il pagamento degli incrementi notevoli di spese prioritarie come le bollette e il pieno dell’auto, proprio mentre l’inflazione è andata a interessare gran parte dei beni alimentari.
Quella della estrema diffusione orizzontale e verticale dell’incremento dei costi non è una particolarità da poco perché limita i margini di manovra sia per gli operatori sia per la politica e al di là di interventi orientati prevalentemente a tamponare le emergenze più evidenti è davvero difficile individuare soluzioni, anche per l’incertezza delle traiettorie future.
Sta di fatto che, se nel 2020, come conseguenza della pandemia e del rallentamento delle attività produttive, del blocco dei flussi turistici e dei viaggi aerei, si registrò un forte calo dei prezzi del petrolio e delle materie prime energetiche in generale (-32% la riduzione dell’indice rispetto all’anno precedente), che ha trascinato al ribasso anche l’indice dei prezzi dei fertilizzanti, diminuito del 10%, nel 2021 si è assistito all’impennata dei prezzi di tutte le commodity, non solo gli energetici (+82% nel consuntivo 2021 rispetto al 2020), che hanno spinto un incremento analogo dei fertilizzanti (+81% rispetto all’anno precedente), ma anche i minerali e metalli e i metalli preziosi, con questi ultimi che avevano già registrato un aumento nel 2020 nel contesto di incertezza legato alla pandemia.
In particolare, nel 2021, il prezzo del petrolio (Brent) è cresciuto del 67% rispetto al 2020, portandosi a 69 dollari al barile, ancora ben lontano dal massimo del periodo 2008-2021 di 105 dollari, raggiunto nel 2012; ma soprattutto si è registrata una vera e propria esplosione del prezzo del gas naturale quotato in Europa, con una crescita del 397%. La crescita dell’indice internazionale del prezzo del gas naturale ha impattato a sua volta fortemente sul prezzo dei fertilizzanti, essendone il gas una componente produttiva; in particolare, il prezzo dell’urea è più che raddoppiato in un anno, con una quotazione di 483 dollari per tonnellata in media nel 2021, che si avvicina al valore massimo del periodo di 515 dollari, raggiunto nel 2008. Forte la crescita anche per fosfato diammonico e del triplo superfosfato o superfosfato concentrato, ma per questi due prodotti le quotazioni nel 2021 sono rimaste comunque lontane dai livelli massimi del 2008.
Lo scenario per il 2022 si è poi drammaticamente aggravato con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La messa fuori uso dei porti sul Mar Nero, le tensioni politiche e le sanzioni comminate alla Russia hanno ulteriormente destabilizzato il mercato delle commodity agricole e degli input produttivi come petrolio, gas e fertilizzanti, nonché fenomeni speculativi che in tutte queste incertezze hanno trovato un florido terreno di coltura