01 Ago La crisi del mercato immobiliare cinese arriverà in Italia
Tutti abbiamo sentito la leggenda della farfalla che sbattendo le ali può generare un uragano dall’altra parte del mondo. E se invece a sbattere le ali forsennatamente fosse il mercato immobiliare cinese?
Partiamo dai numeri: il settore immobiliare in Cina incide per il 28% del Pil. La società singola più esposta, Evergrande ha un valore pari al 14,6% del Pil italiano atteso nel 2022 (fonte: Tradingeconomics, World Bank). Numeri da brividi con la prospettiva di fallimento sempre più vicina. Ma a seguire altre società potrebbero fare la stessa fine, causa indebitamento eccessivo.
Il sistema immobiliare cinese si basa fondamentalmente sulla vendita di appartamenti sulla carta. I privati acquistano sul progetto e cominciano a pagare un mutuo. Le società fanno cassa, e cominciano a costruire gli immobili.
Per tante cause, non ultima l’appropriazione indebita di dirigenti (l’amministratore delegato di Evergrande, Xia Haijun e il responsabile finanziario, Pan Darong, si sono dimessi dopo che un’indagine preliminare ha rilevato il loro coinvolgimento nella distrazione di fondi per quasi 2 miliardi di dollari) i costruttori sono in crisi di liquidità e non hanno la capacità finanziaria di completare gli edifici e consegnare gli appartamenti venduti.
Solo i debiti di Evergrande ammonterebbero a 300 miliardi di dollari. Di conseguenza gli acquirenti, stufi di pagare per nulla, hanno aggravato la crisi delle case di carta con un boicottaggio. Da metà luglio hanno iniziato a non pagare i mutui di immobili ancora da costruire in 22 città, per estendersi a 90 centri a fine mese.
E il governo cinese è assai titubante sulle modalità di intervento a sostegno del settore. L’ultima riunione del Politburo ha discusso del problema, ma non ha messo in campo iniziative in proposito. Si parla di un piano da 300 miliardi di dollari per salvare le dieci più grandi società immobiliari, ma dal momento che è pari al solo debito della Evergrande, il rischio di un default del settore è altissimo. Se si ferma la Cina la recessione che sta cominciando a mordere nel mondo occidentale rischia di aggravarsi. E l’indice Pmi manifatturiero Caixin di luglio è stato molto più debole del previsto, a 50,4. Per chi non lo sapesse, 50,0 è lo spartiacque fra crescita e contrazione economica. Una sconfitta per le previsioni di mercato che scommettevano su 51,5.