22 Giu Colf che “assiste” un disabile: per la deduzione serve la “specificità”
Non è consentito dedurre le spese per il collaboratore domestico, in quanto si limita all’accudimento e non possiede la professionalità idonea ad assistere il soggetto diversamente abile
La Ctr del Piemonte, con la sentenza n. 633 del 24 maggio 2022, ha stabilito che, per dedurre le spese sostenute per l’assistenza specifica fornita in favore dei portatori di handicap, occorre che la prestazione sia resa da personale qualificato. È però possibile la detrazione del 19% dall’imposta lorda, fino a 2.100 euro, delle spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale nei casi di non autosufficienza, purché il reddito complessivo non sia superiore a 40mila euro.
Un ufficio territoriale piemontese dell’Agenzia delle entrate, all’esito del controllo formale della dichiarazione dei redditi per una determinata annualità, notificava al contribuente una cartella di pagamento, recuperando le spese mediche e di assistenza a portatori di handicap per un certo importo.
Il contribuente notificava all’ufficio ricorso, con istanza di reclamo/mediazione, allegando documentazione relativa ai collaboratori domestici cui erano state corrisposte le somme dedotte.
L’ufficio, di contro, sosteneva che dalla documentazione prodotta non risultasse la legittimità della deduzione operata, in quanto le prestazioni dedotte non erano ritenute riferibili a personale professionalmente qualificato.
Il contribuente depositava, allora, il ricorso avanti alla Ctp di Torino, sostenendo che, alla luce del disposto normativo di riferimento (ex articolo 32 legge 104/1992 ed articolo 10, comma 1, lettera b Tuir), vi fosse un mero riferimento alle spese mediche e di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell’articolo 3 legge 104/1992 e che al personale non fosse richiesta alcuna specializzazione o particolare professionalità.
La Ctp di Torino accoglieva il ricorso del contribuente.
Nel proprio gravame, l’Agenzia sottolineava che l’assistenza, il cui costo era stato dedotto dal contribuente in dichiarazione, non atteneva alle prestazioni rese da personale qualificato, bensì a quelle rese da collaboratori familiari-colf, privi di formazione professionale specifica. Ebbene, continuava l’ufficio, l’articolo 10 Tuir fa riferimento alle spese sostenute per assistenza specifica, ponendo l’accento sulla “specificità” della prestazione e le istruzioni dell’Agenzia alla compilazione della dichiarazione dei redditi hanno esplicitato che detta “specificità” della prestazione deve essere intesa come prestazione “professionale”.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, se il legislatore avesse voluto far rientrare nella deducibilità tutte le mansioni di cui abbisogna un invalido permanente o un menomato, comprese, quindi, quelle fornite da una collaboratrice domestica, non sarebbe stato necessario puntualizzare la specificità dell’assistenza. Detta specifica – e, quindi, qualificata – assistenza si differenzia dalla generica prestazione di accudimento della persona tramite “badanti”, di cui al successivo articolo 15, comma 1, lettera i) septies Tuir, per cui opera il beneficio della detrazione fiscale entro determinati limiti di reddito.
La sentenza dei giudici piemontesi
Secondo la Ctr, è mancante, nel caso di specie, la documentazione del requisito relativo alla “specificità” dell’assistenza, in relazione alle prestazioni rese in favore del soggetto diversamente abile.
Detto requisito, spiegano i giudici, previsto dall’articolo 10, comma 1 Tuir, è riferito ai soggetti che prestano l’assistenza necessaria alla persona disabile, nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione.
La puntualizzazione contenuta nel testo di legge non può ritenersi, invece, riferita alle prestazioni fornite da un qualsiasi operatore dei servizi alla persona (cd. badante) dedicate ad una specifica persona disabile.
In questo senso, appare dirimente l’esistenza di una duplice previsione nel Tuir a proposito dell’assistenza fornita in favore di disabili: in particolare, il fatto che la deduzione sia consentita solo per soggetti che prestano assistenza qualificata e specifica risulta dimostrato dall’ulteriore previsione legislativa di cui all’art. 15, comma 1, lettera i) septies Tuir.
La norma da ultimo citata consente la detrazione del 19% dall’imposta lorda, per un importo non superiore ad euro 2.100,00 delle spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, purché il reddito complessivo non sia superiore ad euro 40mila.
Solo in tal caso non sono stati posti vincoli al tipo di assistenza oggetto della detraibilità, che può non avere, pertanto, la specifica qualificazione professionale, ma in cui è solo richiesto che l’assistito sia una persona “non autosufficiente”, risultante da certificazione medica.
In definitiva, la “specificità” deve ritenersi riferita alla qualificazione dei prestatori dei servizi in favore dell’assistito e non all’esclusività della prestazione in favore del disabile.
Diversamente opinando, per un verso non sarebbe giustificata la suddetta duplice previsione legislativa e, per altro verso, finirebbero per essere facilmente elusi i richiamati limiti (detrazione sino ad euro 2.100,00 e reddito complessivo non superiore a 40mila euro), in quanto si farebbero sempre rientrare nella previsione di cui all’articolo 10, comma 1, Tuir (deducibilità integrale e indipendente dal reddito complessivo) tutte le ipotesi non rientranti nella più stringente previsione di cui all’articolo 15, comma 1, lettera i) septies Tuir, riferita alle prestazioni prive della “specificità” e, dunque, professionalità, richiesta dalla norma e meglio specificata nella istruzioni alla compilazione della dichiarazione dei redditi.