05 Ago FAO: tutelare il suolo è la prima risposta alla crisi alimentare
Qu Dongyu, direttore generale della FAO in occasione del Global Symposium on Soils for Nutrition ha affermato che “Il suolo ha “un ruolo vitale” per la sicurezza alimentare e potrà contribuire a porre fine alla fame nel mondo. Ma solo se sapremo affrontare le minacce globali a partire dallo squilibrio dei nutrienti”.
La crisi alimentare si sta aggravando
“Dopo essere rimasta sostanzialmente invariata nei primi anni successivi al 2015”, ricorda il recente rapporto FAO “The State of Food Security and Nutrition in the World 2022“, “la diffusione della denutrizione è balzata dall’8% al 9,3% dal 2019 al 2020 ed è salita più lentamente nel 2021 fino al 9,8%“. A conti fatti, “il numero di persone che hanno patito la fame nel corso del 2021 è compreso tra 702 e 828 milioni. Con un aumento di circa 150 milioni dallo scoppio della pandemia: 103 milioni di individui in più tra il 2019 e il 2020 e 46 milioni in più nel 2021”.
Il ruolo dei black soils
Se è vero che il suolo è responsabile del 95% del cibo prodotto nel Pianeta, è altrettanto noto che la sua fertilità può variare notevolmente nelle diverse aree. Un fenomeno che impatta direttamente sulla quantità e la qualità del cibo visto che sempre dalla terra provengono ben 15 dei 18 nutrienti essenziali delle piante.
“Un esempio di terreni naturalmente fertili è costituito dai suoli neri che si trovano alle medie latitudini del Nord America, dell’Eurasia e del Sud America”, si legge nell’ultimo rapporto “Soils for nutrition: state of the art“, presentato dalla FAO in occasione del Simposio. “Al contrario, altre regioni sono caratterizzate da una bassa fertilità del terreno, da un ridotto contenuto di materia organica e da un’elevata acidità”.
Oggi, ricorda la FAO, i black soils generano circa due terzi dei semi di girasole, il 30% del grano e il 26% delle patate consumate nel mondo. La filiera alimentare globale, in ogni caso, resta condizionata da fattori critici come le crescenti disuguaglianze, il degrado del territorio, l’inquinamento e la perdita di biodiversità. Tutti elementi che impattano sulla qualità del suolo e del cibo. “Purtroppo, la perdita di fertilità fa sì che molti ortaggi e frutti non siano così nutrienti e ricchi di vitamine come lo erano 70 anni fa”, spiega ancora Qu. “Attualmente, la carenza di nutrienti rappresenta un rischio per due terzi della popolazione mondiale”.
I terreni perdono sempre più nutrienti
Uno dei principali problemi dei sistemi agricoli è la loro tendenza a perdere nutrienti a ogni raccolto a causa di una gestione insostenibile del suolo. Nel 2010, dicono le stime, le piante dei terreni coltivati a livello globale hanno assorbito 73 milioni di tonnellate di azoto a fronte di apporti complessivi per 161 milioni. Questo divario evidenzia la scarsa efficienza delle pratiche di fertilizzazione.
“Si stima che l’efficienza d’uso dell’azoto sia diminuita dal 53% al 44% dagli anni ’60 agli anni ’10 di questo secolo”, spiega la FAO. Oltre metà dell’azoto applicato, in altre parole, è di fatto inutile alle piante.
Non meno problematico è il caso del fosforo. Il deficit di questo elemento prevale ancora nel 32% dei terreni coltivati e nel 43% dei pascoli a livello globale. Alcune regioni in America e in Europa hanno bilanci negativi, ovvero perdono più fosforo di quanto ne assorbano. Altre aree, come Asia, Oceania e Australia, evidenziano per contro un accumulo netto.
Il nodo dei fertilizzanti
Tra gli aspetti più problematici emerge in particolare la gestione dei sistemi di fertilizzazione. Nella maggior parte dell’Africa subsahariana, ricorda l’organizzazione ONU, l’accesso ai fertilizzanti minerali a base di azoto ammonta in media a circa 8-10 kg per ettaro all’anno. Nei Paesi economicamente avanzati si raggiunge una quota dieci volte superiore. Il risultato è che in alcune aree si sperimenta un sottoutilizzo dei nutrienti con conseguenti basse rese e una significativa vulnerabilità alle crisi alimentari. In altre zone, per contro, il suolo patisce gli effetti dell’abuso di nutrienti.
“L’uso eccessivo o scorretto dei fertilizzanti ha conseguenze negative sugli ecosistemi e contribuisce al cambiamento climatico, anche attraverso la perdita di biodiversità e le emissioni di gas serra”, spiega la FAO. “Traducendo questi impatti in perdite economiche, si arriva a un totale di circa 200 miliardi di dollari all’anno“. I costi associati ai danni alla salute umana e all’ambiente, poi, ammontano a una cifra compresa “tra i 400 e i 4.000 miliardi di dollari all’anno”.
Le soluzioni passano dalla materia organica e dalla bioeconomia circolare
Non è un caso che già nel 2019 la FAO abbia pubblicato il suo Codice internazionale di condotta per l’uso e la gestione sostenibile dei fertilizzanti. Le linee guida elaborate dall’organizzazione, in particolare, si basano sulle cosiddette 4R: right source at the right rate, at the right time and in the right place. Ovvero giusta fonte di nutrienti al momento giusto, nel posto giusto e nella giusta quantità imposta dalle caratteristiche del terreno e della coltura.
Queste raccomandazioni, unitamente a quelle contenute nel documento sulle Linee guida volontarie per la gestione sostenibile del suolo, pubblicato nel 2016, sono considerate essenziali per affrontare l’insieme di problemi complessi che interessano i terreni agricoli nel mondo.
“Dobbiamo utilizzare questi strumenti e cercare soluzioni trasversali come i biofertilizzanti, la crescita della materia organica del suolo e la diversificazione delle colture”, ha dichiarato ancora Qu. Inoltre, è necessario “ottimizzare gli strumenti tecnologici per un uso più preciso dei fertilizzanti e promuovere l’economia circolare“. Infine, ha concluso il direttore generale della FAO, “dobbiamo anche sostenere il miglioramento dei sistemi di informazione e monitoraggio del suolo, l’armonizzazione dei protocolli di analisi del terreno, la valutazione della qualità dei fertilizzanti e la responsabilizzazione degli agricoltori nell’adozione di buone pratiche”.