02 Apr Fondi Feasr: il Mipaaf vuole danneggiare le regioni svantaggiate?
Nicola Caputo, Assessore regionale all’Agricoltura della Regione Campania, ha inviato una lettera di protesta al Ministro all’Agricoltura Stefano Patuanelli sull’ipotesi di riparto delle risorse FEASR per il periodo 2021-2022. La missiva è stata condivisa con gli altri assessori regionali all’Agricoltura del Mezzogiorno: Francesco Fanelli Basilicata, Gianluca Gallo Calabria, Donato Pentassuglia Puglia, Toni Scilla Sicilia e Roberto Morroni Umbria.
“Le ipotesi di riparto delle risorse FEASR per il biennio di transizione 2021-2022 appaiono ingiustificate” si legge nella lunga lettera che per conoscenza è stata spedita al Commissario europeo all’agricoltura Janusz Wojciechowski “nonché ulteriormente penalizzanti nei confronti del comparto agricolo della regione che rappresento, (perderebbe oltre 153 milioni di spesa pubblica in due anni) con impatti preoccupanti sulla tenuta economico-sociale dei territori.
Si tratta di esiti diametralmente opposti rispetto a quelli perseguiti dalle politiche comunitarie di coesione e convergenza, dei quali il FEASR è strumento fondamentale”.
Scelte illogiche e perciò contestate aspramente. Sei Regioni italiane fanno muro a difesa dei fondi
per lo sviluppo rurale, esprimendo ferma contrarietà rispetto all’ipotesi di una revisione dei criteri di ripartizione dei fondi europei per le politiche di sviluppo rurale, disancorati dal parametro della
storicità della spesa, come proposto dalle altre Regioni con l’avallo del Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali.
Nello specifico, attraverso una nota depositata agli atti dei lavori della CPA, il sestetto ha bollato
come incomprensibile la proposta di ripartizione dei fondi formulata dal Capo di Gabinetto del
Ministro.
«Essa – si obietta – parte da un presupposto definito incontestabile, cioè che vi siano dei
parametri per la ripartizione dei fondi Feasr che sia possibile definire oggettivi, quasi fossero
elementi di verità scientifica in grado di rendere giustizia a tutte le Regioni. L’ipotesi logica da cui
muove questa osservazione è che si tratti di un criterio in grado di allocare le risorse in maniera
equa, essendo già stato utilizzato in altre occasioni, e cioè per l’applicazione delle risorse
assegnate per il de minimis».
Tuttavia, si evidenzia, «l’aiuto de minimis è utilizzato in agricoltura, di norma, per soddisfare esigenze emergenziali, dovute spesso a calamità naturali o a epizoozie e quindi volte al risarcimento del danno. Le risorse del Feasr, al contrario, sono esclusivamente destinate a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali».
Da qui la necessità di ricercare criteri «non solo oggettivi, ma soprattutto idonei a rispondere agli obiettivi generali dello sviluppo rurale», nel rispetto della logica del criterio storico seguita dalla UE per ripartire il Fondo nel periodo 2021-2027.
Impegno tuttavia vanificato dalle decisioni del Ministero, «che non lasciano emergere alcun elemento di analisi globale della totalità dei fondi Pac – I e II pilastro – destinati ai territori, non tenendo conto che il Regolamento UE 2020/2220 ha prorogato per il 2021 ed il 2022 non solo i programmi di sviluppo rurale, ma anche l’attuale regime dei pagamenti del I pilatro della Pac».
Critiche di merito alle quali si aggiunge la censura di ordine formale: «Sarebbe opportuno capire fin da ora come il Ministero dell’Economia, in caso di adozione di differente criterio di riparto, intenda cofinanziare il Feasr per la quota nazionale, dal momento che esso deve necessariamente approvare, prima di qualsiasi accordo che approdi in Conferenza Stato-Regioni, una differente copertura finanziaria da parte dello Stato che si determinerebbe a causa dello spostamento di risorse tra Psr delle Regioni ex convergenza verso Psr delle Regioni ex competitività. Rilievi ignorati e superati con un voto a maggioranza, che va ad incrinare l’unità tra Regioni».
In coda ai lavori, a verbale è finita anche la protesta dei 6 assessori regionali: «Siamo pronti a
ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023, ma non accettiamo colpi di mano tesi a
cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022, che si tradurrebbe in una forte penalizzazione
per regioni svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a
garantire il riequilibrio strutturale, a vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate».