Il nuovo decreto impatriati e la residenza fiscale in Italia

Il nuovo decreto impatriati e la residenza fiscale in Italia

Il decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023, di recepimento della delega fiscale in materia di fiscalità internazionale, approvato dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti, è in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 30 dicembre 2023. Tra le novità spiccano quelle relative alle agevolazioni previste per le persone e le aziende che scommettono sull’Italia.

Nuovi criteri di collegamento ai fini della residenza fiscale in Italia
La riforma della fiscalità internazionale interessa il tema della residenza fiscale sia delle persone fisiche che delle persone giuridiche ed è finalizzata all’allineamento del nostro ordinamento con la prassi internazionale e con la disciplina prevista dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni, dando così maggior certezza giuridica.

L’articolo 1 del decreto di recepimento, in vigore dal 1° gennaio 2024, prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato, ovvero che sono ivi presenti. Viene, quindi, modificato il criterio di collegamento per la determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche, sostituendo la nozione di domicilio, di natura civilistica, con un criterio di natura sostanziale del domicilio, inteso come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.
Rimane invariato il criterio di natura formale, in base al quale si presumono residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta – 183 giorni – nelle anagrafi della popolazione residente. Si tratta, però, di una presunzione relativa e, pertanto, è ammessa la prova contraria di residenza all’estero.
I requisiti di residenza devono sussistere per la maggior parte del periodo d’imposta, valorizzando, ai fini del computo dei giorni, anche periodi tra loro non consecutivi nonché le frazioni del giorno.

La disciplina della residenza delle persone giuridiche viene riformata intervenendo sui criteri di collegamento (ex articolo 73 del Tuir).
L’articolo 2 del decreto di recepimento lascia invariato il criterio di collegamento fondato sulla presenza della sede legale nel territorio dello Stato, rimuovendo, invece, il criterio dell’oggetto principale, estraneo alla prassi internazionale.
Inoltre, la disposizione in commento formula diversamente il criterio della sede dell’amministrazione, specificando i criteri di collegamento di natura sostanziale: la direzione effettiva e la gestione ordinaria in via principale.
I due parametri vengono chiariti nel comma successivo: per sede di direzione effettiva, si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso, mentre, per gestione ordinaria, si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. L’adozione di tali criteri, oltre a rispondere a ragioni di coerenza con il diritto internazionale, garantisce maggiore certezza giuridica ai contribuenti nella definizione dei parametri di riconoscimento della residenza fiscale.
Nella formulazione attuale, quindi, i tre criteri di collegamento, tra loro alternativi, in grado di radicare in Italia la residenza delle persone giuridiche, sono: la sede legale nel territorio dello Stato, la direzione effettiva e la gestione ordinaria in via principale.

Nuovo regime degli impatriati: dal 2024, imponibile al 50% ma solo con specifici requisiti
La riforma del diritto tributario internazionale coinvolge, altresì, il regime dei lavoratori impatriati, dipendenti o autonomi: dal periodo d’imposta 2024 potranno, infatti, godere di un nuovo regime agevolato per un periodo massimo di cinque anni, così come introdotto dall’articolo 5 del decreto di recepimento, sostituendo il regime fiscale attualmente in vigore di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147/2015.
La nuova disciplina stabilisce un abbattimento dell’imponibile fiscale del 50% per i contribuenti che trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del Tuir e che percepiscono redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo.

Rispetto alla normativa precedente, i requisiti di accesso sono più stringenti: oltre a una soglia reddituale di 600mila euro, entro la quale opera il regime di favore, i lavoratori non possono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento – soglia temporale che aumenta nel caso in cui l’attività sia prestata in Italia per il medesimo soggetto per cui era prestata all’estero o comunque per un soggetto dello stesso gruppo – e si impegnano a risiedere fiscalmente nel territorio dello Stato per almeno cinque anni (primo comma, lettera a), articolo 5).
L’inosservanza di tale impegno è sanzionata con il recupero dell’agevolazione: qualora la residenza fiscale in Italia non sia mantenuta per almeno quattro anni, l’agevolazione viene meno e l’Amministrazione finanziaria procederà al recupero dei benefici già fruiti, con applicazione dei relativi interessi.

Sono richieste, poi, tre condizioni relative al carattere del rapporto di lavoro del contribuente, di cui al primo comma, lettere b), c) e d) del medesimo articolo 5: come anticipato, se il lavoratore presta la sua attività nel territorio dello Stato per il medesimo soggetto per cui la prestava all’estero o comunque per un soggetto dello stesso gruppo, la soglie temporale relativa alla condizione di non essere stato residente in Italia è aumentata a sei periodi d’imposta se il lavoratore, prima del trasferimento all’estero, non è stato impiegato nel nostro Paese per lo stesso soggetto estero o per un soggetto del gruppo, ovvero a sette periodi d’imposta in caso di un precedente impiego per tali soggetti; inoltre, l’attività lavorativa deve essere prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato; infine, i lavoratori devono essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dai Dlgs nn. 108/2012 e 206/2017.
Il nuovo trattamento fiscale decorrerà dal periodo d’imposta 2024. Il regime di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147/2015 continuerà ad applicarsi nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023 ovvero, per i rapporti di lavoro sportivo, che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data.
La disciplina in esame dovrà essere applicata in conformità ai principi unionali e ai relativi regolamenti di attuazione in tema di aiuti di Stato nel settore agricolo, nonché nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

Agevolazione fiscale per incentivare il trasferimento delle aziende in Italia
La riforma introduce, poi, un ulteriore incentivo fiscale, volto a promuovere lo svolgimento nel territorio dello Stato italiano di attività economiche.
In conformità alla disciplina di cui all’articolo 6 del decreto di recepimento, potranno beneficiare dell’agevolazione, per il periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento e nei cinque successivi, le imprese che, prima di trasferire l’attività in Italia, operavano in un Paese estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo.
In particolare, viene prevista la non concorrenza alla formazione della base imponibile, ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’Irap, del 50% del reddito imponibile derivante dalle attività d’impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata oggetto di trasferimento.

L’agevolazione sconta alcuni limiti di applicabilità: in primo luogo, è previsto un meccanismo di recupero del beneficio fiscale, qualora l’attività economica trasferita, per la quale si è goduto dell’agevolazione, venga successivamente dislocata in uno Stato estero nei cinque periodi di imposta – dieci in caso di grandi imprese individuate ai sensi della raccomandazione 2003/361/Ce della Commissione, del 6 maggio 2003 – dal termine del regime di agevolazione.
Inoltre, l’efficacia delle disposizioni del presente articolo è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea.
Altra limitazione statuisce l’esclusione, dalle attività che godono dell’agevolazione, di quelle esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento. In tal modo, si vuole evitare che siano agevolate attività già in precedenza esercitate in Italia e trasferite all’estero al solo fine di beneficiare del regime di favore, una volta ritrasferite in Italia.

Ai fini dell’applicazione dell’agevolazione in commento, il contribuente è tenuto a mantenere separate evidenze contabili, idonee a consentire il riscontro della corretta determinazione del reddito e del valore della produzione netta agevolabile.

fonte: fiscooggi.it