16 Lug L’alluvione in Germania allunga la catena della crisi climatica
“Scorrono” è il caso di dirlo le immagini sui nostri televisori della terribile alluvione che ha colpito la Germania, con le acque che tracimano dagli alvei dei fiumi, accelerano il loro passo sulla terra cementificata, travolgono le costruzioni speculative realizzate con speculazioni edilizie a basso costo occupando le camere di espansione dei crsi d’acqua.
Solo l’ultimo episodio di una estate che è appena arrivata al solleone ed è già climaticamente da dimenticare. Abbiamo avuto un mese di giugno che si è classificato come il secondo più caldo mai registrato con una temperatura superiore di 1,5 gradi alla media storica sulla base dei dati Copernicus.
Perché l’elenco è lungo e già doloroso. I ghiacciai che si sciolgono ai Poli come sulle Alpi; il caldo eccezionale e gli incendi conseguenti in Canada; la distruzione del permafrost in Siberia. E i microfenomeni come le bombe d’acqua, le grandinate eccezionali che quasi tutti abbiamo avuto l’occasione di vedere fuori della porta di casa.
Ma veniamo alla Germania e anche ai Paesi Bassi, dove la rottura di una diga nel Limburgo meridionale ha fatto diffondere un comunicato agghiacciante delle autorità: “Lasciare la zona e cercare un posto sicuro dove rifugiarsi” che quasi equivale a dire “Si salvi chi può” in una terra pianeggiante per centinaia di chilometri spesso strappati al mare.
Il fiume Mosa può portare e lo sta facendo la morte nei Paesi Bassi. E più all’interno, nella regione tedesca del Renania-Palatinato lo ha già fatto. Addirittura si racconta di persone che sono salite sul tetto della propria abitazione per sfuggire all’acqua che saliva. Ma la violenza d’urto alla fine ha travolto le case, e chi si era rifugiato su quei tetti.
Non abbiamo più bisogno di indizi né di prove: la crisi climatica c’è. La cementificazione in Italia non si è fermata nemmeno durante la pandemia, e secondo i dati Ispra avanza al ritmo di di 2 metri quadrati al secondo. Non c’è abbastanza terra per raccogliere l’acqua e di acqua ce ne sarà sempre di più, a scendere dal cielo.
Acqua che, dopo i danni del passaggio veloce come in un toboga di Disneyland, non alimenta il nostro sottosuolo e lascia in eredità nei mesi caldi una siccità che distrugge i raccolti e il lavoro dell’agricoltore. Non è escluso che al più presto si debbano fermare i piani regolatori, ritirare le licenze edilizie e ricominciare da capo con nuovi criteri urbanistici e paesaggistici che ci possano permettere di affrontare meglio gli eccessi di una natura che noi stessi abbiamo scatenato contro di noi.
Insieme, sarebbe l’ora di accelerare l’approvazione della legge sul consumo di suolo, ancora ferma in Parlamento da quasi un decennio. Il mezzo legislativo per dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del territorio.