30 Gen Legge di bilancio: più facile ritrovarsi in contabilità semplificata
Ampliato l’ambito soggettivo di applicazione del regime di contabilità semplificata per le imprese minori. Le soglie di ricavi da non superare per avervi accesso sono state innalzate a 500mila euro per le imprese che hanno per oggetto prestazioni di servizi e a 800mila euro per quelle esercenti altre attività (articolo 1, comma 276, legge 197/2022). La modifica ha effetti anche in materia di Iva, sulla possibilità di optare per la liquidazione dell’imposta con periodicità trimestrale; a tal fine, tuttavia, fermo restando l’adozione dei valori ora maggiorati, gli stessi vanno riferiti non ai ricavi rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, bensì al volume d’affari.
La norma manutenuta
La disposizione sulla quale è intervenuta la legge di bilancio 2023 è il comma 1 dell’articolo 18, Dpr 600/1973, il quale individua i requisiti dimensionali che consentono alle imprese di trovarsi “naturalmente” nel regime di contabilità semplificata. Interessate sono sia le imprese individuali, esercitate anche sotto forma di imprese familiari o aziende coniugali, sia quelle costituite come società di persone commerciali (Snc, Sas) ed equiparate (società di armamento, società di fatto) ovvero come enti non commerciali, per le eventuali attività commerciali esercitate.
Vi rientravano, prima della modifica operata dalla legge 197/2022, i soggetti con ricavi (articoli 57 e 85, Testo unico delle imposte sui redditi) non superiori a 400mila euro, se imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero a 700mila euro, se imprese aventi per oggetto altre attività.
Per chi esercita contemporaneamente prestazioni di servizi e altre attività, si fa riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente, cioè quella con la quale sono stati percepiti maggiori ricavi nel periodo d’imposta; in mancanza della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività diverse dalle prestazioni di servizi e, di conseguenza, rileva il limite massimo, pari a 700mila euro (oggi, 800mila euro). In ogni caso, se l’ammontare complessivo dei ricavi relativo a tutte le attività svolte supera il limite massimo, l’accesso al regime di contabilità semplificata è precluso (risoluzione 293/2007).
Le nuove regole
I limiti applicati fino allo scorso anno erano stati introdotti dal “decreto Sviluppo” (articolo 7, comma 2, lettera m), Dl 70/2011), che aveva così modificato quelli all’epoca vigenti, fissati, rispettivamente, in 600 milioni di lire (pari a 309.874,14 euro) e un miliardo di lire (pari a 516.456,90 euro).
Le soglie, a decorrere dal 1° gennaio 2023, sono state ulteriormente incrementate di 100mila euro ciascuna, passando, quindi, a 500mila euro per le imprese esercenti prestazioni di servizi e a 800mila euro per le altre imprese. Vanno verificate facendo riferimento ai ricavi dell’anno precedente (circolare 80/2001). Pertanto, se nel 2022 i nuovi limiti di 500mila e 800mila euro sono stati superati, nel 2023 va obbligatoriamente applicato il regime ordinario di contabilità. Viceversa, in presenza di ricavi 2022 non eccedenti le nuove soglie, si può beneficiare del regime semplificato, ferma restando la possibilità (comma 8 del citato articolo 18) di optare per la contabilità ordinaria, scelta che vincola per un triennio e che va comunicata in sede di dichiarazione Iva, nel quadro VO.
Se i limiti non vengono superati, il regime semplificato si protrae anno per anno, a meno che non si opti per quello ordinario.
Casi particolari
Chi intraprende una nuova attività commerciale in corso d’anno ed è quindi sprovvisto dell’elemento di riferimento per verificare il rispetto della soglia d’ingresso, se ritiene di percepire ricavi non superiori al limite massimo, può ugualmente adottare la contabilità semplificata per il primo esercizio (comma 9); se poi i ricavi percepiti, ragguagliati ad anno, risultano eccedenti la soglia di ammissione, dall’anno successivo va applicato il regime di contabilità ordinaria.
Per i rivenditori di giornali, libri e periodici nonché per i distributori di carburante, i ricavi percepiti vanno conteggiati al netto del prezzo corrisposto ai fornitori; per generi di monopolio, valori bollati e postali, marche assicurative e simili, si considerano ricavi i soli aggi spettanti ai rivenditori (comma 10).
Determinazione del reddito
La legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 17 e seguenti, legge 232/2016), con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, ha modificato le regole di determinazione della base imponibile Irpef e Irap per le imprese minori in contabilità semplificata, razionalizzando anche i relativi adempimenti contabili.
È stato previsto “un regime di contabilità semplificata improntato al criterio di cassa”, in base al quale il momento dell’obbligazione tributaria è stato avvicinato alla concreta disponibilità di mezzi finanziari; ciò, per evitare gli effetti negativi derivanti dai ritardi cronici di pagamento.
In realtà, il novellato articolo 66 del Tuir si configura non come un regime di cassa “puro”, ma come un regime “misto” cassa – competenza, in quanto, ferme restando “le regole di determinazione e imputazione temporale dei componenti positivi e negativi quali le plusvalenze, minusvalenze, sopravvenienze, ammortamenti e accantonamenti”, deroga al criterio della competenza per i ricavi percepiti e le spese sostenute e sancisce l’irrilevanza, nel calcolo del reddito delle imprese minori, di rimanenze finali ed esistenze iniziali di merci, di lavori in corso su ordinazione e titoli (circolare 11/2017).
I contribuenti persone fisiche in regime semplificato, se si trovano anche nelle condizioni per adottare il regime forfetario (articolo 1, comma 54, legge 190/2014 – vedi “Legge di bilancio 2: più facile diventare e rimanere forfetario”), possono transitarvi senza dover inviare alcuna comunicazione preventiva o successiva e senza dover esercitare una specifica opzione, in quanto si tratta del passaggio da un regime naturale a un altro regime naturale (circolare 9/2019).
Adempimenti contabili
Prima della riscrittura dell’articolo 18 del Dpr 600/1973 operata dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 22, legge 232/2016), i contribuenti in contabilità semplificata dovevano istituire: i registri Iva (vendite, acquisti, corrispettivi), integrati con l’annotazione delle operazioni non soggette al tributo, ma rilevanti ai fini delle imposte sul reddito; il registro dei beni ammortizzabili, a meno che, avvalendosi della semplificazione ex articolo 13 del Dpr 435/2001, a seguito di richiesta dell’amministrazione finanziaria, fossero forniti, ordinati in forma sistematica, gli stessi dati previsti dall’articolo 16, Dpr 600/1973; le scritture contabili previste per i sostituti d’imposta e relative ai dipendenti; altri registri previsti da leggi speciali.
Dopo la riforma della disciplina, le imprese minori possono:
- fermo restando l’istituzione dei registri Iva (se obbligatori), istituire appositi registri degli incassi e dei pagamenti, dove annotare in ordine cronologico, rispettivamente, i ricavi incassati e i costi effettivamente sostenuti. Per ciascun incasso, va riportato il relativo importo, generalità, indirizzo e Comune di residenza anagrafica del soggetto che effettua il pagamento (può essere sufficiente l’indicazione del codice fiscale del cliente), gli estremi della fattura o di altro documento emesso. Per ciascuna spesa, occorrono generalità, indirizzo e comune di residenza di chi riceve il pagamento (anche in tal caso, può bastare il codice fiscale) nonché gli estremi della fattura o di altro documento ricevuto
- utilizzare, come in passato, i registri Iva anche ai fini delle imposte sul reddito, annotando separatamente le operazioni non soggette a registrazione Iva ed effettuando le annotazioni utili a dare rilevanza ai mancati incassi e pagamenti nell’anno di registrazione del documento contabile ai fini Iva
- utilizzare i registri Iva anche ai fini delle imposte sul reddito, esprimendo una specifica opzione che consente di non annotare su tali registri gli incassi e i pagamenti. In tal caso opera una presunzione assoluta, secondo cui il ricavo si intende incassato e il costo pagato alla data di registrazione del documento contabile ai fini Iva.
Liquidazioni Iva
Come accennato, l’innalzamento delle soglie di accesso al regime di contabilità semplificata genera conseguenze anche in ambito Iva. Per la precisione, è coinvolta la disposizione del “Regolamento recante modificazioni alle disposizioni relative alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi, dell’Irap e dell’Iva” che consente, ai contribuenti che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume d’affari non superiore a un determinato importo, di effettuare le liquidazioni periodiche dell’imposta sul valore aggiunto e i relativi versamenti con periodicità trimestrale (entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre trimestri solari), anziché mensile, maggiorando le somme dovute dell’1% a titolo di interessi (articolo 7, Dpr 542/1999).
La norma si riferisce al volume d’affari e non all’ammontare dei ricavi. Tuttavia, la legge di stabilità 2012, nell’ambito delle misure adottate per ridurre gli oneri amministrativi a carico di imprese e cittadini, aveva chiarito che “I limiti per la liquidazione trimestrale dell’Iva sono i medesimi di quelli fissati per il regime di contabilità semplificata” (articolo 14, comma 11, legge 183/2011).
Successivamente, però, l’amministrazione finanziaria ha puntualizzato che, con questo intervento, il legislatore ha semplicemente voluto riallineare i soli ammontari dei limiti di riferimento per le semplificazioni in campo Iva (liquidazioni e versamenti trimestrali) a quelli previsti per le imposte dirette (regime di contabilità semplificata), che – come visto in precedenza – erano stati modificati al rialzo, solo essi, dal “decreto Sviluppo” del 2011.
Pertanto, il richiamo ai limiti “fissati per il regime di contabilità semplificata” non implica che, per determinare la periodicità degli adempimenti Iva, rileva l’importo dei ricavi previsti ai fini delle imposte sui redditi, bensì il volume d’affari, costituito dall’ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi poste in essere nell’anno, con le eccezioni di cui all’articolo 20 del Dpr 633/1972 (risoluzione 15/2012).
Ne consegue che, alla luce della novità apportata dalla legge di bilancio 2023, possono eseguire le liquidazioni trimestrali Iva i contribuenti che nel 2022 hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 500mila euro, se imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi (oppure esercenti arti o professioni), ovvero a 800mila euro, se imprese aventi per oggetto altre attività. Per chi esercita contemporaneamente prestazioni di servizi e altre attività, senza distinta annotazione dei corrispettivi, il limite di riferimento è 800mila euro per tutte le attività esercitate.
fonte: fiscooggi.it