28 Set Matrimonio in crisi esentasse – 1 Divorzio o separazione, stesse regole
Il trattamento fiscale dell’addio tra coniugi è stato oggetto di numerosi interventi da parte dell’Agenzia delle entrate e di pronunce della corte di Cassazione
L’articolo 19 della legge n. 74 del 6 marzo 1987 prevede l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa in relazione a tutti “…gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio..”
Si tratta di uno dei regimi di favore maggiormente richiesti in tema di registrazione di atti.
L’applicazione pratica di questa disposizione agevolativa ha dato luogo a diversi dubbi e, pertanto, sono numerosi sia gli interventi dell’Amministrazione finanziaria, che ha fornito chiarimenti tramite circolari, risoluzioni o risposte ad interpelli, che le pronunce della Corte di cassazione.
Con il presente contributo saranno esaminati il fondamento, i presupposti ed il contenuto dell’agevolazione e saranno riepilogate le principali fattispecie in relazione alle quali si sono pronunciate l’Agenzia delle entrate o la stessa Corte di cassazione.
Innanzitutto occorre premettere che l’Agenzia delle entrate, con le risposte agli interpelli n. 39 del 10 febbraio 2020 e n. 199 del 1° luglio 2020, ha precisato che la ratio dell’articolo 19 della legge n. 74/1987 risiede nell’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, evitando che l’imposizione fiscale possa gravare pesantemente sui coniugi, rendendo ancora più difficile il superamento della crisi coniugale. Si tratta di una norma di esenzione posta a presidio delle ragioni di tutela della famiglia, di salvaguardia dell’integrità economica e di composizione della crisi coniugale. In particolare, con i citati documenti si è affermato che “Nel raffronto tra gli interessi in gioco il legislatore sacrifica le entrate erariali a favore dei diritti fondamentali della persona..”
In senso conforme la Corte di cassazione ha affermato che, mediante l’esenzione in esame il legislatore ha inteso favorire gli atti e le convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale pongono in essere con lo scopo di regolare, sotto il controllo del giudice, i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio (sentenze n. 2347/2001, n.7493/2002 e n. 3074/2021, ordinanza n. 22023/2017).
In merito al campo di applicazione dell’agevolazione è opportuno precisare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 154 del 10 maggio 1999:
- ha evidenziato la sostanziale omogeneità delle situazioni giuridiche relative allo scioglimento ed alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, rispetto a quelle relative alla separazione personale e, di conseguenza, ha affermato che il trattamento di favore di cui al citato articolo 19 deve essere applicato anche in relazione al procedimento di separazione tra coniugi, affermando che “….se l’agevolazione è stata predisposta per garantire una tutela economico-patrimoniale alla famiglia nel momento in cui si scioglie definitivamente, appare maggiormente doveroso estendere l’esenzione al procedimento di separazione, a seguito del quale il rapporto di coniugio si attenua ma non cessa del tutto”;
- ha affermato che l’esenzione in esame deve riguardare tutti i tributi, a prescindere dal termine “tassa” utilizzato dalla norma. Su questo aspetto si è pronunciata anche la Corte di cassazione con la sentenza n. 6065 del 12 maggio 2000, ribadendo che il termine “tassa” è stato usato nella legge n. 74/1987 in senso atecnico, essendo evidente l’intenzione del legislatore di applicare il trattamento di favore anche per le imposte diverse da quelle espressamente menzionate dalla norma stessa (bollo e registro). In questo senso si veda anche la circolare n. 49 del 16 marzo 2000, con la quale si è precisato che “…pur permanendo l’obbligo di chiedere la registrazione, dei provvedimenti in argomento, la stessa dovrà essere eseguita in esenzione da ogni tributo.”
In precedenza, la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 176 del 15 aprile 1992, aveva ritenuto applicabile l’esenzione anche in relazione alle iscrizioni ipotecarie a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge nel giudizio di separazione.
Con la circolare n. 27 del 21 giugno 2012 si è precisato che il beneficio fiscale deve ritenersi applicabile agli accordi patrimoniali non solo direttamente riferibili ai coniugi “…ma anche ad accordi aventi ad oggetto disposizioni negoziali in favore dei figli”, con la precisazione che, in tale ipotesi, l’agevolazione spetta a condizione che “…il testo dell’accordo omologato dal tribunale, al fine di garantire la certezza del diritto, preveda esplicitamente che l’accordo patrimoniale a beneficio dei figli, contenuto nello stesso, sia elemento funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale.”
Nello stesso senso l’Agenzia delle entrate si è pronunciata con la circolare n. 18 del 29 maggio 2013.
Quest’ultimo documento di prassi, al riguardo, ha evidenziato che ”…gli accordi a favore dei figli, stipulati dai coniugi nella gestione della crisi matrimoniale, oltre a garantire la tutela obbligatoria nei confronti della prole, costituiscono, talvolta, l’unica soluzione per dirimere controversie di carattere patrimoniale.”
In senso conforme, la Corte di cassazione si è pronunciata con le decisioni n. 11458 del 30 maggio 2005, n. 16348 del 28 giugno 2013 e n. 31603 del 6 dicembre 2018.
È opportuno precisare che, nell’ambito della riforma dell’imposta di registro attuata con il decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, sono state abrogate numerose agevolazioni in tema di imposta di registro. L’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 2 del 21 febbraio 2014 ha affermato che tale soppressione non ha riguardato l’agevolazione relativa agli atti posti in essere dai coniugi in fase di separazione o divorzio.