Matrimonio in crisi esentasse – 3 Casi particolari in prassi e sentenze

Matrimonio in crisi esentasse – 3 Casi particolari in prassi e sentenze

L’esclusione da imposte per gli atti inerenti allo scioglimento del matrimonio è estesa a diverse fattispecie, ma non si applica in altre, come la rinuncia all’appartamento dell’ex coniuge.

Nelle precedenti puntate, sono stati esaminati il fondamento, il contenuto e l’applicabilità ad alcune fattispecie particolari dell’agevolazione di cui all’articolo 19 della legge n. 87/1974. Si tratta dell’esenzione da imposte per gli atti inerenti allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Focus di questa ultima saranno gli ulteriori casi particolari in relazione ai quali si sono pronunciate l’Amministrazione finanziaria e la giurisprudenza.

Con la risposta all’interpello n. 260 dell’11 maggio 2022 l’Agenzia delle entrate ha ritenuto applicabile l’agevolazione in esame anche in relazione all’atto di mutuo che il coniuge assegnatario dell’immobile comune, deve accendere al fine di indennizzare l’altro coniuge (vedi articolo Contratto di mutuo dell’ex coniuge, rientra tra gli atti esentati dalle imposte”).
Si è, però, precisato che:
– l’esenzione da imposte spetta a condizione che il mutuo costituisca “condicio sine qua non per dare esecuzione agli accordi di separazione”;
– tale condizione deve risultare dalle clausole contenute nell’accordo di separazione omologato dal giudice, finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale.

L’applicabilità del beneficio fiscale è stata, invece, negata in relazione all’atto unilaterale mediante il quale un soggetto rinuncia all’assegnazione dell’appartamento dell’ex coniuge. Con la risposta all’interpello n. 39 del 10 febbraio 2020 si è esaminato il caso di una contribuente che, nel verbale di separazione, aveva ottenuto l’assegnazione in godimento di un appartamento di proprietà del marito. A distanza di alcuni anni, a causa di mutate esigenze personali, la contribuente ha redatto un atto unilaterale di rinuncia all’assegnazione di tale abitazione. Con la citata risposta si è precisato che l’atto di rinuncia e la formalità relativa alla cancellazione della trascrizione del diritto di assegnazione non possono godere dei benefici fiscali, in quanto tale rinuncia “…è espressione della libera volontà dell’istante e come tale non è collegato all’adempimento degli obblighi derivanti dal procedimento di scioglimento del matrimonio.

Il problema legato all’applicabilità del beneficio di cui all’articolo 19 della legge n. 87/1974 si è posto anche in relazione ad un accordo di divorzio stipulato all’estero e relativo a beni immobili siti in Italia.

Con la risposta all’interpello n. 351 del 20 giugno 2023 si è affrontato il caso di due coniugi che, dopo aver acquistato immobili in Italia, avevano ottenuto in Spagna una sentenza di divorzio ed avevano regolato i rapporti relativi allo scioglimento del matrimonio con atto stipulato sempre in Spagna.
Tale atto è stato poi depositato presso un notaio italiano, al fine di rendere le necessarie attestazioni ai fini della conformità urbanistica e catastale.
Considerato che si trattava di un adempimento necessario al fine di attuare il trasferimento degli immobili, si è ritenuto che la registrazione del verbale notarile attestante il deposito dell’estero in questione, dovesse avvenire in esenzione da imposte.

L’applicazione del trattamento di favore è stata riconosciuta anche in relazione ai provvedimenti di delibazione delle sentenze dei tribunali ecclesiastici, ovvero agli atti medianti i quali viene riconosciuta efficacia nell’ordinamento italiano alle pronunce dei tribunali diocesani.

Con la risposta all’interpello n. 199 del 1° luglio 2020, l’Amministrazione finanziaria, confermando il proprio orientamento espresso con la risoluzione n. 43 del 7 aprile 2005, ha ritenuto che anche la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, poiché determina la cessazione degli effetti civili del matrimonio, rientra tra gli atti per i quali è applicabile il beneficio tributario in esame (vedi articolo “Scioglimento del matrimonio: esenzione fiscale ad ampio raggio”).

Con la risposta all’interpello n. 493 del 25 novembre 2019, si è affrontano il tema dell’applicabilità dell’agevolazione nel caso in cui l’atto notarile esecutivo degli accordi di separazione venga stipulato a distanza di oltre cinque anni rispetto al verbale di separazione. Con tale documento si è precisato che “…la scrivente ritiene non ostativa alla fruizione dell’agevolazione richiesta la circostanza che risultano trascorsi oltre cinque anni tra la data del decreto di omologa del Tribunale e la stipula dell’atto notarile per la realizzazione degli accordi presi dalle parti in sede di separazione consensuale omologata. Ciò in quanto, non è ravvisabile alcun termine perentorio per l’esecuzione degli accordi di separazione, né dalla lettura del citato decreto di omologa né dalla norma agevolativa in esame.” (vedi articolo “Accordi di separazione agevolati anche se realizzati dopo anni”)

Un altro aspetto sul quale, in più occasioni Amministrazione finanziaria e giurisprudenza sono intervenute, riguarda la ripercussione di un trasferimento immobiliare conseguente a separazione o divorzio tra coniuge sulle agevolazioni “prima casa”.

Con la risoluzione n. 80 del 9 settembre 2019 si è precisato che se un immobile, oggetto di agevolazione “prima casa”, viene ceduto in virtù delle clausole contenute in un accordo di separazione omologato dal giudice, e finalizzato a risolvere la crisi coniugale, non si verifica la decadenza dal beneficio “prima casa”. Ciò anche se la cessione avviene prima del decorso di cinque anni dall’acquisto dell’abitazione agevolata e non è seguita dal riacquisto di altra abitazione entro un anno dalla cessione. Nello stesso senso si è pronunciata la Corte di cassazione, con le ordinanze n. 3753 del 18 febbraio 2014 e n. 7966 del 21 marzo 2019 e la sentenza n. 8104 del 29 marzo 2017.
Questa soluzione si giustifica proprio con la considerazione che la ratio dell’articolo 19 della legge n. 74/1987 è quella di favorire la complessa sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi in occasione della crisi coniugali, evitando che dai loro accordi derivino conseguenze fiscali per loro pregiudizievoli.

fonte: fiscooggi.it