20 Lug Passare da lavoro dipendente a lavoro autonomo: come incide sul calcolo della pensione
Le difficoltà nel trovare lavoro sono particolarmente gravi per chi perde il proprio impiego da dipendente dopo i 60 anni. Il numero di disoccupati over 60 non ancora pensionati è considerevole, tanto che il governo ha deciso di includere questa categoria tra quelle che possono beneficiare dell’Assegno di Inclusione, se vengono rispettati i requisiti. Tuttavia, ci sono anche persone che, a una certa età e senza lavoro, considerano l’opzione di mettersi in proprio. Questa scelta, però, solleva dubbi e perplessità, specialmente riguardo al calcolo della futura pensione.
La casistica è varia e non è semplice destreggiarsi: ci sono ex lavoratori statali diventati dipendenti del settore privato e viceversa, così come ex lavoratori autonomi poi diventati dipendenti, e anche viceversa. Nel sistema contributivo, con le pensioni calcolate interamente secondo questo metodo, più versamenti si effettuano, maggiore è il montante contributivo e quindi più alta sarà la pensione. Nel sistema retributivo, le prestazioni erano calcolate in base alle ultime retribuzioni, ma oggi non esistono contribuenti che hanno completato l’intera carriera lavorativa prima del 1996. Se esistono, sono una rarità e non sono già pensionati. Pertanto, il calcolo della pensione per i lavoratori è tutto contributivo (per periodi di lavoro successivi al 31 dicembre 1995) o misto. In quest’ultimo caso, una parte della pensione è calcolata con il sistema retributivo e una parte con il contributivo, proporzionalmente agli anni di contribuzione antecedenti o successivi al 31 dicembre 1995.
In un caso trattato sul sito Investire Oggi, di un ex dipendente con 31 anni di anzianità che si iscrive come coltivatore diretto “i nuovi versamenti non incideranno negativamente sulla pensione. I nuovi versamenti finiranno in un fondo pensionistico che fa capo all’INPS, ma diverso da quello a cui ha versato negli anni precedenti come lavoratore dipendente. Da lavoratore dipendente, il lettore ha versato nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD). Da autonomo, o meglio da agricoltore, verserà nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (commercianti, artigiani, coltivatori diretti, imprenditori agricoli professionali). Se avesse deciso di aprire uno studio professionale, avrebbe iniziato a versare nella Gestione Separata. E le cose non sarebbero comunque cambiate: al momento di andare in pensione, il trattamento sarà liquidato pro quota, ovvero con varie quote di pensione provenienti da ciascun fondo in cui ha versato, ognuno con le sue regole e specificità. I nuovi versamenti nelle gestioni speciali non influenzeranno il calcolo della pensione per la quota del FPLD, che sarà la parte più cospicua della sua pensione.
Naturalmente, i versamenti nelle gestioni artigiani, commercianti e agricoltori non hanno lo stesso valore di quelli del FPLD, perché valgono meno e generano una pensione più bassa. Diverso sarebbe il caso di passare ai versamenti volontari all’INPS. In questo caso, bisognerebbe chiedere all’INPS l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria dei versamenti. Una volta autorizzato, il contribuente deve versare il corrispettivo calcolato dall’INPS, basato sulla solita aliquota contributiva del 33% e sulle ultime retribuzioni percepite. In questo modo, i contributi volontari finiranno nel montante contributivo del FPLD e genereranno una pensione più alta, come se il contribuente avesse continuato a lavorare nello stesso settore e con la stessa retribuzione. Va detto, però, che versare i contributi volontari con le regole di calcolo esposte ha dei costi notevolmente superiori rispetto ai versamenti da coltivatore diretto. Anche questo serve a capire che i versamenti da autonomo hanno un peso inferiore rispetto a quelli da dipendente per una futura pensione.”