Piccola proprietà contadina in affitto: stop alle agevolazioni per l’acquisto

Piccola proprietà contadina in affitto: stop alle agevolazioni per l’acquisto

Ai fini della decadenza dai benefici fiscali assume rilevanza il fatto oggettivo della cessazione della coltivazione diretta, mentre risultano ininfluenti le ragioni per le quali ciò avviene.

L’affitto del terreno agricolo, acquistato beneficiando delle agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina, ove intervenuto nel quinquennio dall’acquisto e anche se temporaneo, comporta, in generale, la decadenza dai benefici tributari, in quanto qualunque tipo di contratto di affitto è sintomatico della cessazione della coltivazione diretta da parte del proprietario.
Questo, in sintesi, il principio di diritto rinvenibile nelle due recenti sentenze, n. 3491/2023 e n. 223/2024, rese dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, entrambe confermative della legittimità degli atti di recupero emessi dall’ufficio.

Le vicende processuali e le pronunce della Corte tributaria della Puglia
Nel caso esaminato dalla sentenza n. 3491 del 2023, una società che aveva acquistato un terreno con i benefici fiscali previsti a favore di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali aveva cessato, prima del termine di cinque anni dall’acquisto, la coltivazione diretta del fondo avendo stipulato un contratto di affitto stagionale.
L’ufficio aveva rettificato il valore dichiarato, notificando un avviso di accertamento e liquidazione, che la parte privata impugnava dinanzi al giudice tributario.
La pronuncia di primo grado, che aveva respinto il gravame, veniva appellata dalla società la quale, per quanto d’interesse, eccepiva che la stagionalità del contratto di affitto non avrebbe giustificato la revoca delle agevolazioni.
Con la sentenza n. 3491, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia ha rigettato la censura relativa alla contestata decadenza dai benefici fiscali affermando che l’affitto del terreno nel quinquennio dall’acquisto, anche se temporaneo, porta alla decadenza dai benefici, perché “la durata del contratto di affitto, anche se breve o limitata a brevi periodi, dei terreni è ininfluente” e, in ogni caso, “qualunque tipo di contratto di affitto è sintomatico della cessazione della coltivazione diretta da parte del proprietario (sentenze Cassazione n. 6688 del 2014, n.13631 del 2004, n.21847 del 2016; Ordinanza n. 13426 del 2017)”.
Anche nella vicenda di cui alla sentenza n. 223 del 2024, l’ufficio aveva dichiarato la decadenza delle agevolazioni fiscali della piccola proprietà contadina concesse nell’atto notarile d’acquisto, perché l’acquirente, nei cinque anni successivi, aveva concesso in affitto parte del terreno.
La Commissione tributaria provinciale di Foggia aveva accolto il ricorso, ritenendo la sussistenza del requisito della continuità nella conduzione del fondo, in particolare osservando che la coltivazione di colture stagionali o di singole colture è assicurata anche laddove la stessa sia effettuata per un breve periodo da un affittuario diverso dal coltivatore acquirente.
L’Agenzia delle entrate impugnava in seconde cure, eccependo che il contribuente non aveva dato seguito al proprio onere di coltivare, utilizzare e condurre direttamente il fondo per il quale erano state concesse le agevolazioni fiscali, nei cinque anni successivi all’acquisto, così come prescritto dall’articolo 2 del decreto legge n. 194/2009.
La Corte di giustizia tributaria della Puglia, ribaltando il primo verdetto, ha concluso per la legittimità del recupero fiscale, in ragione dell’intervenuta decadenza dalle agevolazioni richieste nell’atto di acquisto, essendo avvenuta entro i cinque anni dalla concessione delle agevolazioni la cessione in affitto nonché la cessione della conduzione e/o della coltivazione diretta del terreno agricolo da parte del beneficiario, senza che sussistessero vincoli di parentela o affinità tra il concessionario e il soggetto affittuario.
A tale conclusione, per quanto di più specifico interesse, il collegio regionale pugliese perviene richiamando la giurisprudenza di legittimità per la quale l’affitto del fondo rustico entro il quinquennio dal suo acquisto, anche se di durata limitata e strumentale a una coltivazione intercalare “comporta la perdita delle agevolazioni tributarie, ai sensi dell’art.7 della legge n. 604/54, in quanto sintomatico della cessazione della coltivazione diretta da parte del proprietario”.
Inoltre, si legge ancora nella pronuncia, la variazione della coltura agricola e la rotazione agraria, entrambe volte a favorire la fertilità dei terreni agricoli, “se attivate da altro conduttore del fondo con affitti brevi modificano la gestione del fondo che deve rimanere sempre in capo all’acquirente del terreno per beneficiare delle agevolazioni fiscali”.

Osservazioni
L’articolo 2, comma 4-bis), del decreto legge n. 194/2009, norma fondamentale in tema di agevolazione per la “piccola proprietà contadina”, prevede, tra l’altro, che “gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e le relative pertinenze, qualificati agricoli in base agli strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale… sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria in misura fissa e all’imposta catastale nella misura dell’1 per cento”; la stessa norma specifica poi, a seguire, che i predetti soggetti “decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente”, fatte salve alcune particolari situazioni disciplinate da speciali norme di settore.
Con riguardo all’ipotesi di cessazione della coltivazione o conduzione diretta del fondo prima che siano trascorsi cinque anni dall’acquisto, quale causa, perlomeno in linea generale, di decadenza dal regime agevolato da parte del soggetto beneficiario, anche in tempi recenti la Corte suprema ha confermato l’orientamento secondo il quale l’affitto infra-quinquennale del terreno, anche se di durata limitata e strumentale a una coltivazione “intercalare” (ossia, secondo quanto ribadito da ultimo, da Cassazione, n. 11992/2023, “di breve ciclo all’interno della realizzazione di un prodotto dello stesso genere di più lungo ciclo”), comporta la perdita delle agevolazioni tributarie, “ai sensi dell’art. 7 della legge 6 agosto 1954, n. 604, in quanto sintomatico della cessazione della coltivazione diretta da parte del proprietario, salvo che lo stesso avvenga a favore del coniuge, dei parenti entro il terzo grado o degli affini entro il secondo, che, in base all’art. 11 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, esercitino, a loro volta, l’attività di imprenditore agricolo ex art. 2135 cod. civ.” (Cass., n. 11033/2023; n. 28369/2022).
In altra recente occasione, la Corte ha concluso che il riferito articolo 2, comma 4-bis, del Dl n. 194/2009, in quanto norma che prevede una agevolazione tributaria, è di stretta interpretazione, con la conseguenza che “ciò che rileva, ai fini della decadenza dalla agevolazione, è il fatto oggettivo della cessazione della coltivazione diretta, mentre il legislatore non attribuisce valenza alle ragioni per le quali ciò avviene” (Cassazione, 32149/2022, ove il Collegio di legittimità, con riferimento alle scelte imprenditoriali, quale quella di non attrezzarsi per condurre in proprio il fondo anche per la necessaria rotazione, ha altresì sottolineato che, nel momento in cui l’imprenditore chiede l’applicazione delle agevolazioni previste dalla legge, “è consapevole delle condizioni poste per fruirne e di conseguenza, ove intenda mantenerle, deve organizzare la propria impresa in modo da poter ottemperare alle suddette condizioni”).
Meritevole di richiamo è, infine, la pronuncia in cui il giudice di piazza Cavour ha puntualizzato che il sistema normativo sulla formazione della piccola proprietà contadina è “caratterizzato da indubbia finalità pubblicistica alla cui base v’è, per l’appunto, il divieto di cessare dalla coltivazione diretta del fondo assegnato (Cass., 21 marzo 2014, n. 6688, cit.); ed una siffatta finalità non può che risultare contraddetta dal contratto di affitto di terreni agricoli concluso dal contribuente” (Cass., n. 22290/2022).
In definitiva, l’approccio rigoroso che contraddistingue le due pronunce di merito in commento appare pienamente in linea con l’ermeneutica di legittimità, così confermando principi che sembrano consolidati nella particolare materia.

fonte_ fiscooggi.it