05 Nov Sponsorizzazioni: limiti di deducibilità e giurisprudenza della Cassazione
Il Fisco subisce rilevanti limitazioni in tema di recuperi erariali riferibili alla deducibilità delle spese di sponsorizzazione e la giurisprudenza della Cassazione in materia ha assunto una posizione non sempre rispettata.
er espressa previsione legislativa le spese sostenute per la sponsorizzazione di associazioni sportive dilettantistiche e di società sportive dilettantistiche sono ammesse in deduzione dal reddito prodotto fino a concorrenza della somma di 200.000 euro qualificabili come spese di pubblicità. Si tratta, in tal caso, di una manifesta previsione di “presunzione legale assoluta”, la quale non consente margini valutativi rispetto alla possibile deduzione di antieconomicità della spesa.
Da un punto di vista normativo, infatti, tenuto conto della decisione contenuta nell’art. 90, c. 8 L. 289/2002, il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva, costituisce, per il soggetto erogante, fino a un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario.
Questa disposizione, prima abrogata nel contesto della riforma del “Terzo settore” è stata interamente reintrodotta nel provvedimento di riforma (art. 12 D.Lgs. 36/2021).
In pratica, le condizioni per rendere pienamente legittima la deduzione di tali tipologie di costi appare condizionata dalla sussistenza dei seguenti elementi:
- i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante;
- deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima.
Altri fattori essenziali riguardano la necessità che il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica, sia rispettato il limite quantitativo di spesa, la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine e i prodotti dello sponsor e il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale, senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori.
L’impostazione appena evidenziata, oltre a essere chiaramente contenuta nelle norme di riferimento ha avuto ripetutamente conferma nel contesto della produzione della giurisprudenza di legittimità. Ultima tra tutte, solo in ordine di tempo, si colloca la Cass. Civile, Sez. V, ord. 7.02.2024, n. 3470 che ha avuto modo di ribadire come nel caso di sponsorizzazioni a favore di associazioni o società sportive dilettantistiche, stante la presunzione assoluta della natura pubblicitaria di tali spese sancita dall’art. 90, c. 8 L. 289/2002, non occorrerebbe neanche accertare la sussistenza di alcun tipo di correlazione tra attività del soggetto erogante che interviene quale finanziatore/sponsor e il soggetto sponsorizzato. Viene riconosciuta una sorta di inerenza diretta e automatica fino alla soglia di 200.000 euro, mai assoggettabile a valutazioni in termini di coerenza e congruità della spesa.
La ratio di tale conclusione, pienamente condivisibile, è nel combinato disposto degli artt. 108 e 109 del Tuir, nonché dell’art. 90, c. 8 L. 289/2002. La presunzione legale di inerenza e congruità delle spese in favore delle ASD, in pratica, preclude ogni tipo di sindacato del Fisco.
Fonte: Antonino Marino, ratio.it