13 Ago Una maggiore natalità può fermare il flusso di immigrazione necessario all’Italia?
Le misure per incentivare l’occupazione femminile e la natalità sono ogni tanto richiamate da considerazioni politiche come elemento cardine per fermare il flusso di immigrazione che, se da un lato vede tanti migranti passare attraverso l’Italia, dall’altro ne vede molti stanziarsi nel nostro paese.
La domanda tecnica, perché la politica non può dare questo tipo di risposte, è se sia possibile evitare gli effetti indesiderati del calo demografico senza un aumento dell’immigrazione. Uno studio pubblicato dall’Osservatorio CPI ci risponde che le condizioni di successo che ci consentano di mantenere invariato il numero degli immigrati creando posti di lavoro che permettano la sostenibilità del sistema pensionistico italiano di fronte all’aumento costante delle aspettative di vita rispondono a numeri estremi che è statisticamente improbabile si possano verificare.
Alcune considerazioni
La realtà attuale ci dice che il numero dei nati è sceso da più di 900 mila unità all’anno negli anni Sessanta a meno di 400 mila nel 2022.
L’aumento della speranza di vita in Italia arriverà in media tra maschi e femmine a 89 anni nel 2070.
L’aumento complessivo del tasso di fecondità per recuperare le perdite da un minor flusso netto di immigrati da qui al 2070 sarebbe quindi da 1,24 del 2022 a 2,1. Per trovare un tasso di fecondità a questo livello occorre risalire ai primi anni Settanta. L’Italia del 2070 dovrebbe dunque tornare a essere molto simile a quella di un secolo prima, un compito piuttosto arduo.
Politiche di immigrazione regolare sembrano quindi una componente necessaria – insieme a quelle per rimuovere gli ostacoli alla natalità e incentivare il lavoro femminile – di una strategia per affrontare il problema demografico.