03 Giu Una presentazione (possibile) dei Referendum del 12 giugno 2022
Per il Referendum del 12 giugno sulla giustizia sono chiamati alle urne 51 milioni di italiani. A meno di dieci giorni dal voto, ancora non ci sono idee chiare su cosa e perché siamo chiamati a votare. E, a peggiorare le cose, la formulazione in burocratese delle domande referendarie che implicano una secca risposta “SI” o “NO” impedisce alla maggior parte dei cittadini di comprenderle.
La contemporaneità con le Elezioni amministrative in alcune località italiane costringerà quegli elettori interessati a entrare nella cabina elettorale con un bel malloppo di carte. Proviamo a spiegare ognuno dei 5 quesiti referendari per vedere di arrivarci con le idee più chiare.
Domenica 12 giugno (dalle 7 alle 23) le cittadine e i cittadini italiani sono chiamati alle urne per esprimere il proprio voto su un Referendum costruito su più domande.
Si tratta di un Referendum abrogativo, cioè una consultazione popolare per capire se gli italiani vogliono mantenere alcune norme già presenti o le vogliono abrogare (quindi cancellare) dal nostro ordinamento:
- Chi le vuole mantenere in vigore deve rispondere NO ai quesiti
- chi le vuole cancellare deve rispondere SI ai quesiti posti nelle schede.
Per essere valido, il Referendum deve raggiungere il Quorum: cioè la partecipazione di almeno il 50%+1 degli elettori. Inoltre, per andare in porto e abrogare le norme contenute nei quesiti, il SI deve raggiungere la maggioranza dei voti (il 50%+1). In caso contrario (se vincono i NO) restano in vigore le leggi attuali.
Quesito 1 (scheda rossa)
«Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?»
In parole semplici la domanda è questa: volete abrogare la legge che prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per parlamentari, rappresentanti di governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali in caso di condanna? Per chi è in carica in un ente territoriale, è sufficiente una condanna in primo grado non definitiva per la sospensione.
- chi vuole abrogare la legge deve votare SI: e quindi vuole che persone condannate per reati non colposi tornino a ricoprire o mantengano cariche politiche;
- chi vuole mantenere in vigore la legge deve votare NO: in questo modo si conferma l’incandidabilità e decadenza per queste persone.
Quesito 2 (scheda arancione)
«Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art.7 della legge 2 maggio 1974, n.195 e successive modificazioni.”?»
Oggi infatti il giudice può adottare come misura cautelare, l’arresto o i domiciliari in alcuni casi di accusa per una persona: ad esempio in caso di pericolo di fuga, inquinamento delle prove e rischio di commettere reati di particolare gravità e, in caso di pericolo di reiterazione (ripetizione) del reato: cioè il rischio che il soggetto in questione commetta ancora quel reato.
La domanda posta ai cittadini è: volete abrogare la norma sulla “reiterazione del reato” dall’insieme delle motivazioni per cui i giudici possono decidere la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini (prima del processo).
- Chi risponde SI vuole eliminare questa motivazione dalle ragioni per cui si può disporre la custodia cautelare, lasciando la custodia solo per questi motivi: pericolo di fuga, inquinamento delle prove e rischio di commettere reati di particolare gravità, con armi o altri mezzi violenti.
- chi vota NO vuole mantenere in vigore la legge che consente l’arresto o i domiciliari anche per la motivazione del pericolo della ripetizione del reato.
Quesito 3 (scheda gialla)
Si tratta di una domanda molto lunga. Proviama a riassumerla così:
Volete abrogare la norma che oggi consente di saltellare, nel corso della propria carriera, dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero (accusatore) e viceversa? La domanda nasce perché oggi le carriere tra chi giudica (giudice) e chi accusa (pm) non sono separate. Capita spesso che quindi una persona lavori per anni come pm in funzione di accusa e poi, improvvisamente, diventi giudice. Ciò potrebbe in alcuni casi porre un freno al requisito di terzietà e imparzialità dei procedimenti.
- Chi vota Si al referendum sceglie quindi di abrogare la norma, optando per l’obbligo di scelta tra essere pm o giudici all’inizio della propria carriera.
- Chi vota NO invece non ha problemi a consentire la stessa carriera per pm e giudici.
Quesito 4 (scheda grigia)
«Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’art.1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.7, comma 1, lettera a)”; art.16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?».
Lo slalom tra articoli, commi e lettere è davvero solo per iniziati. La sostanza è questa: Volete che l’operato del magistrato possa essere valutato dai membri di Consiglio direttivo della Cassazione e anche dai membri laici dei consigli giudiziari, come professori universitari e avvocati? Al momento ciò non avviene perché la Legge del 2006 lo impedisce.
Infatti i membri laici dei Consigli (avvocati, professori, ecc) sono esclusi dal dibattito e dalla votazione delle decisioni del CSM sulla competenza dei magistrati. In sostanza i giudici del Csm si giudicano tra loro. Anche qui è a rischio l’imparzialità.
- chi vota SI vuole abrogare la legge e consentire che i magistrati vengano valutati anche dai membri laici come avvocati e professori universitari;
- chi vota NO vuole continuare a escludere la valutazione laica per i magistrati
Quesito 5 (scheda verde)
«Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n.195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art.23, né possono candidarsi a loro volta”?»
L’obiettivo dei referendari è provocare una riforma del CSM e l’elezione dei membri togati. Si chiede all’elettore se vuole cancellare la norma che impone al magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura. L’obiettivo è eliminare il sistema delle correnti nella magistratura.
- Chi vota SI fa sparire l’obbligo di procurarsi delle firme,
- chi vota NO lo vuole mantenere.
Per agevolare la comprensione dei quesiti referendari il ministero dell’Interno ha aperto una FAQ consultabile qui.